CATANZARO. “Non ci sono prospettive in Calabria e la fuga per i nostri giovani è spesso l’unica alternativa. Questo il desolante quadro che in questi giorni ci raccontano gli organi di stampa”. L’eurodeputata calabrese Laura Ferrara commenta così le statistiche pubblicate in questi giorni e che portano alla luce, ancora una volta, un continuo flusso di partenze dalla Calabria alla ricerca di lavoro e migliori aspettative di qualità della vita. “È una narrazione – dice – che conosciamo bene nella nostra regione, crocevia di partenza ma anche di arrivi, ma non ci si può abituare e rassegnare all’idea che per assicurarsi un futuro l’unica possibilità per i nostri giovani è quella di andare all’estero. Risorse intellettuali formate nelle nostre Università ma che diventano produttive in altri Paesi. La vera sfida è quella di creare le opportunità per rimanere o per ritornare dopo un periodo trascorso all’estero, che rappresenta comunque un’esperienza positiva nel bagaglio delle proprie conoscenze. Non ci sono le grandi industrie in Calabria – continua la Ferrara – ma non è quello che cerca chi parte per cercare occupazione. I numeri ci dicono altro. Neo laureati, altamente specializzati che qui non riescono ad inserirsi nel mercato del lavoro a causa del mancato rispetto dei criteri di meritocrazia, scarsa stabilità e retribuzioni non dignitose. Perdiamo ogni anno risorse preziose e non solo fra i laureati e a farne le spese sono in particolare i piccoli centri dell’entroterra i quali contano più residenti all’estero che nel Comune di provenienza. La classe politica calabrese fino ad oggi – dice Ferrara – non si è posta il problema della grave perdita di capitale umano, ha continuato a promuovere negli anni politiche fallimentari, stage e tirocini nelle pubbliche amministrazioni prorogati anno dopo anno con l’illusione di una possibile stabilizzazione senza crearne però le reali condizioni. Oggi ci ritroviamo nella situazione che ben conosciamo – conclude l’europarlamentare dei Cinquestelle – da un lato migliaia di calabresi imbrigliati per decenni nella rete del precariato che reclamano, giustamente, trattamenti salariali e previdenziali in linea con i normali lavoratori e dall’altro, tantissimi giovani che non ci stanno ad elemosinare un posto di lavoro, quando il lavoro è un diritto, e preferiscono costruirsi un futuro certo oltre confine”.