“La chiusura del reparto di Ortopedia dell’ospedale di Vibo Valentia è la cronaca di una morte annunciata”. Lo afferma il senatore di Forza Italia Giuseppe Mangialavori. “Autorevoli fonti di stampa – continua – rivelano ciò che tutti si aspettavano: lo stop temporaneo, di 60 giorni, del servizio, determinato dalla ormai cronica carenza di medici. Con la chiusura del reparto, l’emergenza della sanità vibonese, e dell’ospedale ‘Jazzolino’ in particolare, può dirsi conclamata. Purtroppo, però, oltre alla assenza di medici e infermieri, causata dall’incapacità di chi, in questi anni, ha amministrato la Regione Calabria e l’Asp di Vibo, oggi bisogna fare i conti con l’inconsistenza delle governance che, a più livelli, dovrebbero occuparsi della sanità provinciale e regionale”. “L’ospedale di Vibo – aggiunge il parlamentare – sconta gli errori di un management sanitario non all’altezza del ruolo cui era chiamato, che in questi anni non ha fatto nulla per incrementare il personale medico e infermieristico e dunque per innalzare i livelli minimi di assistenza del nosocomio. Mentre, come dimostra il caso dell’Ortopedia di Vibo, la sanità calabrese muore, a Roma e alla Cittadella di Catanzaro ci si preoccupa di trovare il modo di controllare i centri del potere sanitario regionale. In tutti questi mesi di diatribe e scontri istituzionali, di presunti decreti salvifici e provvidenziali ricorsi davanti alla Consulta, né il governo nazionale, né il ministro della Salute, né il presidente Oliverio hanno trovato il tempo per occuparsi dei pazienti, dei loro bisogni e delle soluzioni più adatte per cercare di migliorare un sistema sanitario ormai al collasso”. “Purtroppo – sostiene ancora il senatore azzurro -, la chiusura del reparto di Ortopedia rappresenta solo la punta dell’iceberg. Presto la stessa sorte potrebbe toccare ad altre unità dello ‘Jazzolino’ allo stremo, tra cui Pediatria, Malattie infettive, Ginecologia, Neurologia. È una situazione drammatica che avrebbe bisogno della massima attenzione delle istituzioni. Ma a Roma e Catanzaro pensano solo al modo in cui entrare nelle stanze dei bottoni, là dove si accrescono i consensi e le clientele. E intanto la sanità calabrese muore”.