Fra le carte dell’indagine dei carabinieri forestali che oggi ha portato a undici arresti per traffico illecito di rifiuti tra Milano e la Calabria emerge – come sottolineato dagli inquirenti della Dda di Milano, Alessandra Dolci e Silvia Bonardi – un’intercettazione definita ‘bellissima’ perché esemplifica le modalità con cui la ‘ndrangheta entrava nelle aziende di smaltimento rifiuti del nord, letteralmente “occupandole”, per poi arrivare a farsi cedere le quote. I criminali calabresi cominciavano con l’utilizzare i mezzi e gli uffici di una ditta brianzola, andavano avanti con l’usurparne i beni, fino addirittura a fare rifornimento alle loro auto nell’impianto, e finivano con il comprare la società; è a questo punto che l’imprenditore brianzolo ormai stremato alza le mani: “E’ come se gli invitati a pranzo in casa mia cominciassero a mangiare la pasta senza aspettarmi. Noi al nord non siamo capaci di fare queste cose”, confessa, nel corso di una riunione con i malviventi; la risposta non si fa attendere: “L’azienda è nostra, metteremo a capo un nome candido come la candeggina”. Il traffico intercettato dalle indagini milanesi porta a disegnare una mappa del crimine ambientale che ha origine in Campania, regione da cui provengono la maggior parte dei rifiuti qui sequestrati, e prende la direttrice del nord, tra le province di Como, Pavia e Milano: qui vecchi capannoni industriali prendono la forma di discariche illecite, a cui poi viene dato fuoco.
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