Domenico Tallini, presidente del Consiglio regionale della Calabria arrestato stamane nell’ambito dell’operazione “FarmaBusiness” dei carabinieri del comando provinciale di Catanzaro con il coordinamento della Dda del capoluogo calabrese, avrebbe fornito al clan Grande Aracri, pur non facendone organicamente parte, “un contributo concreto, specifico e volontario per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione, con la consapevolezza circa i metodi e i fini dell’associazione stessa”. Lo scrivono gli inquirenti negli atti dell’inchiesta. Tallini, sempre secondo l’accusa, avrebbe promesso e assicurato, in cambio del sostegno elettorale, la sua disponibilità nei confronti del sodalizio. In qualità di assessore regionale si sarebbe adoperato intervenendo al fine di velocizzare l’iter di costituzione del Conosrzio Farma Italia e della società Framaeko srl, attive nel settore della commercializzazione dei farmaci da banco. Il clan lo avrebbe sostenuto in occasione delle elzioni regionali del 23 novembre 2014.
Tallini, scrivono ancora gli inquirenti, “pur consapevole del reimpiego di capitali illeciti, provenienti dal delitto associativo di stampo ‘ndranghetistico, concorreva nei progetti commerciali inerenti alla distribuzione dei farmaci” imponendo anche l’assunzione del figlio Giuseppe e il suo ingresso nella Farmaeko come consigliere “così – si legge negli atti dell’indagine – da contribuire all’evoluzione dell’attività imprenditoriale del Consorzio farmaceutico, fornendo il suo contributo nonché le sue competenze e le sue conoscenze anche nel procacciamento di farmacie da consorziare”. In questo modo, continuano gli inquirenti, “rafforzava la capacità operativa del sodalizio nel controllo di attività econmiche sul territorio, incrementando la percezione della capacità di condizionamento e, correlativamente, di intimidazione del sodalizio, accrescendo la capacità operativa e il prestigio sociale e criminale” del clan.
Oltre che del rilascio delle autorizzazioni necessarie all’avvio delle attività, l’allora assessore regionale si sarebbe interessato anche alle questioni logistiche dell’operazione, come l’individuazione e l’acquisto del capannone da adibire a sede del consorzio, individuato in una zona periferica della città, nelle vicinanze del palazzo della Regione. Le intercettazioni testimonierebbero sopralluoghi e incontri fra l’esponente politico e altri indagati oltre ai contatti telefonici, nonostante gli indagati tentassero di aggirare eventuali controlli utilizzando sistemi come Whatsapp e Viber.