L’analisi delle risultanze investigative e giudiziarie nella prima metà del 2020 “restituisce, ancora una volta, l’immagine di una ‘ndrangheta silente, ma più che mai viva nella sua vocazione affaristica, tesa a farsi impresa”. E’ quanto scrivono gli analisti della Dia nella Relazione semestrale al Parlamento, sottolineando il rischio che le ‘ndrine si pongano “quale welfare alternativo, sostituendosi alle istituzioni con forme di assistenzialismo, forte della capillare presenza nel territorio e della notevole disponibilità economica, a ‘beneficio’ sia del singolo cittadino in stato di necessità, sia dei grandi soggetti economici in sofferenza e in cerca di credito più dinamico rispetto ai circuiti ordinari. Salvo poi presentare il conto alle imprese beneficiarie del sostentamento mafioso”.
“La prima necessità degli imprenditori in difficoltà è quella di mantenere viva l’azienda – spiega il documento – per pagare i dipendenti e le spese di gestione, nonché per saldare i debiti e pagare le tasse. Proprio questa è la fase in cui interviene il pericolo dell’usura, dapprima – anche a tassi ridotti – finalizzata a garantire una forma di sopravvivenza, successivamente sotto forma di pressione estorsiva, volta all’espropriazione dell’attività. Una preoccupante conferma perviene anche dall’elevato numero di provvedimenti interdittivi antimafia adottati dalle prefetture nei confronti di ditte ritenute contigue alle cosche calabresi, attive in svariati settori commerciali, produttivi e di servizi, che spaziano dalle costruzioni edili agli autotrasporti, dalla raccolta di materiali inerti al commercio di veicoli, dalla ristorazione alle strutture alberghiere, dai giochi, alla distribuzione di carburante”. I sodalizi più strutturati “mantengono saldamente la propria leadership nei grandi traffici di droga, continuando ad acquisire forza e potere. In questo senso si può dire che l’emergenza pandemica non ha in alcun modo rallentato il florido mercato del narcotraffico”. Naturalmente, uno dei “punti di forza” della ‘ndrangheta resta nella sua “capacità di intrecciare legami diretti con qualsiasi tipo di interlocutore: politici, esponenti delle istituzioni, imprenditori, professionisti. Si tratta di soggetti potenzialmente in grado di venire incontro alle esigenze delle cosche, sicché da ottenere indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche”. Di fatto, “l’inquinamento dei diversi settori imprenditoriali e un’interlocuzione, sempre più raffinata, con soggetti istituzionali compiacenti, agevolano il riciclaggio dei proventi illecitamente accumulati e l’acquisizione di ulteriori introiti anche attraverso canali legali11. Infatti, l’accesso delle ‘ndrine a circuiti finanziari sani perfeziona taluni complessi meccanismi di riciclaggio. Questo aspetto, coniugato con la diffusa corruttela, condiziona le dinamiche relazionali con gli enti locali sino a controllarne le scelte”.