“Il peperoncino italiano è un patrimonio, ma, come denunciato dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori questo prodotto è poco tutelato dal punto di vista del dumping estero; in Italia infatti si importano più di 2 mila tonnellate di peperoncino dall’estero, dalla Cina in particolare, spesso di dubbia qualità e con prezzi assolutamente inferiori rispetto a quelli di mercato. È necessario quindi salvaguardare l’unicità del nostro prodotto e gli agricoltori”. Lo afferma il senatore di Italia viva Ernesto Magorno che ha presentato, insieme ad altri parlamentari, (Vallardi, Taricco, Bergesio, Sbrana, Mollame, Abate, Caligiuri, De Bonis, Naturale, Puglia, Trentacoste, Fattori) un’interrogazione parlamentare ai ministri delle Politiche agricole, alimentari e forestali e dello Sviluppo economico.
“Il peperoncino – si legge nell’interrogazione – è un alimento tipico della cucina italiana dalle grandi proprietà nutritive e salutistiche, tanto che il suo consumo è largamente diffuso in tutta la penisola, con una produzione concentrata prevalentemente nei territori della Calabria, che da sola realizza il 25 per cento del peperoncino italiano, della Basilicata, della Campania, del Lazio e dell’Abruzzo.Come denunciato dalla Cia- Confederazione italiana agricoltori questo prodotto è poco tutelato dal punto di vista del dumping estero; in Italia infatti si importano più di 2 mila tonnellate di peperoncino dall’estero, dalla Cina in particolare, spesso di dubbia qualità e con prezzi assolutamente inferiori rispetto a quelli di mercato.La produzione italiana – si fa rilevare – di elevatissima qualità, non è in grado di soddisfare il fabbisogno nazionale, la cui domanda è ulteriormente cresciuta a seguito della diffusione della pandemia da Covid-19; il nostro Paese copre infatti non più del 20 per cento del fabbisogno, con una produzione che non supera le 400 tonnellate”. Secondo i parlamentari, “è evidente come l’ingresso non controllato nel nostro Paese di prodotti dall’estero, infici la qualità delle produzioni di peperoncino italiano, inquinando il mercato con prodotti, che oltre ad alterare la concorrenza a danno degli agricoltori italiani, sono anche dannosi per salute dei consumatori, spesso poco consapevoli delle loro scelte di acquisto, anche per la mancanza di informazioni chiare e trasparenti nelle etichette.Il prodotto cinese – si sottolinea – ha un costo medio di circa 3 euro contro i 15 del costo medio italiano; questo dipende dal fatto che, a differenza del peperoncino cinese, quello italiano è controllato e selezionato; il prezzo italiano è infatti dettato dall’elevata qualità del prodotto che viene raccolto a mano e trasformato grazie all’impiego di tecniche d’avanguardia, compresi i macchinari all’ozono per una perfetta essiccazione”.