L’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco non è un’enciclica neutrale. Denuncia e sfida. Scritta avendo presente il mondo impoverito del Sud, sfida il Nord a una svolta radicale e decisiva, perché non si può andare avanti così. Dal mondo trafitto dall’ingiustizia sociale e ambientale, sollecita la coscienza dei popoli a esigere dai “potenti” un definitivo cambio di rotta. Lo fa non in nome di una religione, ma dell’etica e della spiritualità umana. Giunti ormai ad un momento decisivo dello scontro tra il vecchio capitalismo e un nuovo modello di relazioni economiche, ambientali e sociali, il Papa collega, con espressioni forti e incisive, la condizione ecologica alla condizione umana, l’ecologia del pianeta all’ecologia dell’umanità e afferma che il degrado è umano prima che ecologico. Nel terzo capitolo dell’enciclica Papa Francesco denuncia il “paradigma tecnocratico”, l’insensatezza della fiducia incondizionata nella tecnica: “In alcuni circoli si sostiene che l’economia attuale e la tecnologia risolveranno tutti i problemi ambientali, allo stesso modo in cui si afferma, con un linguaggio non accademico, che i problemi della fame e della miseria nel mondo si risolveranno semplicemente con la crescita del mercato”. Non è così. Per il Pontefice la tecnica non è tutto, non risolve tutto. Tuttavia il testo non presenta risposte scientifiche, né indica un unico modello di sviluppo, ma sui vari temi invita a un dibattito “non da salotto”, perché “un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale, che deve integrare la giustizia nelle discussioni sull’ambiente, per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri”. A livello generale alcune indicazioni emergono: l’attenzione per il termine “sostenibilità”; la necessità di cogliere l’interazione tra economia ed ecosistema planetario; il riferimento a un’economia che sostituisca i combustibili fossili con le energie rinnovabili; il richiamo a “un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future”; l’invito a razionalizzare i sistemi di trasporto; il riferimento alla proprietà privata sulla quale “grava sempre un’ipoteca sociale”; il richiamo alla globalizzazione, divenuta ormai efficace strumento di “dominazione”. Ma la parte più problematica del documento è quella rivolta al ceto politico dei Paesi sviluppati. Sarebbe importante che tutti i politici, a livello internazionale, nazionale e locale, operassero quella assunzione di responsabilità nella crisi ambientale mondiale con provvedimenti tempestivi e efficaci, senza ulteriori attendismi e compromessi. Ma come potrà essere realizzata una effettiva “conversione ecologica” da parte di chi è avvantaggiato, a favore di tutti?. E’ sperabile che le lobbies industriali ed energetiche rinuncino ai propri interessi economici per il bene comune?. E’ ipotizzabile che i detentori del potere lo rivolgano agli interessi generali?. Le prime reazioni dei politici non inducono all’ottimismo, come peraltro era facilmente prevedibile. Ho scritto molte volte, anche su questo stesso giornale, che le “belle parole”, da chiunque proferite, non servono più, non convincono più. La credibilità di ogni persona dipende esclusivamente dalla coerenza delle sue azioni quotidiane ai suoi ideali di vita. Papa Francesco pone inoltre all’attenzione di tutti altri due aspetti dell’odierno agire umano: il relativismo pratico e l’adorazione del potere umano senza limiti: “ Quando l’essere umano pone se stesso al centro, finisce per dare priorità assoluta ai suoi interessi contingenti, e tutto il resto diventa relativo. Vi è in questo una logica che permette di comprendere come si alimentano a vicenda diversi atteggiamenti che provocano al tempo stesso il degrado ambientale e il degrado sociale”. Un altro aspetto forte dell’Enciclica è l’idea che nella natura e nell’universo tutto sia “interconnesso”. Ciò è particolarmente affascinante, sia perché richiama meditazioni proprie delle religioni orientali, che con la Chiesa cristiana possono ora fare una comune battaglia culturale verso un unico obiettivo, sia perché il concetto di interconnessione risulta particolarmente metaforico nell’era in cui, grazie alla Rete, gli esseri umani sono tutti interconnessi tra loro. Mi fermo qui. Sono sicuro che rileggerò l’enciclica “Laudato sì” di Papa Francesco per coglierne ulteriori elementi di meditazione. Ma sin da ora sento di potere affermare che l’insegnamento più profondo dell’enciclica è che le considerazioni scientifiche sulla gravità della crisi ambientale non sono sufficienti a cambiare l’atteggiamento predatorio nei confronti della Terra. E’ indispensabile conquistare un nuovo sistema di valori da porre alla base delle scelte di vita. L’esistenza umana non può ridursi ad un perenne accumulo di beni e di denaro. Da tempo ormai mi sono convinto che l’egoismo, l’avidità, l’insaziabile sete di potere, costituiscono le cause dei problemi ecologici, delle ingiustizie sociali e, in ultima analisi, della grave insoddisfazione esistenziale che caratterizza i rapporti degli esseri umani tra di loro e con gli ambienti in cui vivono. Purtroppo sono altresì convinto che i predetti “difetti”, sono propri della natura stessa dell’uomo e, pertanto, in assenza di eventi prodigiosi, sono difficilmente superabili. L’eccezionale carisma di Papa Francesco potrebbe, in teoria, aprire ampi orizzonti di speranza. La “ventata di aria fresca” arrivata con Papa Francesco, di cui parla il presidente della Conferenza episcopale spagnola Ricardo Blàzquez Pèrez, potrebbe rivelarsi provvidenziale. A patto però (e non è certamente poco), che “il ciclone Francesco” non incontri sulla sua strada troppi ostacoli, magari disseminati proprio da chi dovrebbe supportarlo.
Carlo Rippa