COSENZA. “La mancata attivazione della Cardiochirurgia all’Annunziata è solo l’ultimo di una lunga scia di errori che rischiano di compromettere definitivamente l’erogazione dei Livelli essenziali di assistenza e la capacità del sistema salute della provincia di Cosenza di soddisfare la domanda proveniente dal territorio”. Lo afferma, in una nota, il presidente della Commissione Controllo e garanzia del Comune Cosenza Giuseppe Mazzuca, il quale ricorda che “il 25 maggio 2009 la giunta regionale Loiero, riunita sotto la presidenza di Mimmo Cersosimo, ha autorizzato l’avvio delle procedure finalizzate all’attivazione dell’UO di Cardiochirurgia nell’Azienda ospedaliera di Cosenza “al fine di garantire il soddisfacimento del relativo bisogno di assistenza proveniente dal territorio. E per rendere concreta e operativa l’iniziativa, dava mandato – aggiunge – al direttore generale dell’epoca di predisporre tutti gli atti necessari a bandire le procedure concorsuali per il reclutamento di 5 cardiochirurghi. Una tale iniziativa era necessaria – e lo è tanto più oggi – sottolinea Mazzuca – per garantire ai cittadini di Cosenza e provincia un adeguato livello di assistenza relativo alle prestazioni da erogare in favore dell’utenza cardiopatica. Ma da allora, complici gli anni Scopelliti durante i quali il baricentro amministrativo e politico è stato dichiaratamente e sfacciatamente sposato verso Reggio Calabria, del progetto di realizzare una Cardiochirurgia a Cosenza non si è saputo più nulla. Solo ultimamente – dichiara – abbiamo appreso che il presidente Oliverio, di concerto con il commissario al Piano di rientro, Scura, si è adoperato per attivare il reparto di Cardiochirurgia ma non a Cosenza bensì a Reggio, proseguendo in quella che ormai possiamo definire una strategia consapevole e dolosa di impoverimento del sistema sanitario cosentino messa in atto con provvedimenti sistematici e con la precisa volontà di sottrarre a Cosenza pezzi di buona sanità per favorire altre Aziende e altri territori. Le ricadute mediche, economiche e sociali di questa disparità di trattamento sono evidenti e gravissime. La mobilità passiva verso le regioni confinanti galoppa con notevole nocumento per le casse pubbliche e pesanti disagi per i pazienti e le loro famiglie”.