CATANZARO. “L’operazione di oggi nasce interamente dalle dichiarazioni di un imprenditore, vessato per circa vent’anni, e che ha trovato il coraggio, anche grazie ai risultati investigativi che siamo riusciti ad ottenere recentemente su quel territorio, per denunciare i soprusi subiti”. Lo ha detto il procuratore vicario della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, incontrando i giornalisti a Catanzaro per illustrare gli esiti dell’operazione “Scheria” e che ha portato all’arresto di esponenti di spicco della famiglia Gallelli e Procopio – Mongiardo operante nel basso Jonio catanzarese. Alla conferenza stampa erano presenti anche il procuratore aggiunto Vincenzo Luberto, il questore del capoluogo Giuseppe Racca, il capo della squadra mobile Antonino De Santis e il comandante provinciale della Guardia di finanza, Mario Palumbo. “Si tratta di un fatto importante che – ha aggiunto Bombardieri – dà riscontro all’attività svolta con continuità e che consente agli imprenditori di ribellarsi alle vessazioni di chi limita fortemente lo spirito di impresa. In passato l’imprenditore attivo nel settore dell’edilizia e nella gestione di un noto villaggio turistico, anche in presenza di atti pesanti intimidazioni aveva minimizzato ridimensionando la portata dei fatti che lo riguardavano. Adesso, invece, ha ritenuto di doversi liberare dalla pressione estorsiva che gravava sulle sue spalle sin dal ’97”. Il modificarsi degli assetti criminali ha costretto la vittima a subire estorsione da diversi soggetti a seconda delle dinamiche criminali che vedevano coinvolte le famiglie di ‘ndrangheta di Sant’Andrea Apostolo dello Jonio, San Sostene e Badolato. L’ammontare dell’estorsione subita dall’imprenditore è stata quantificata in 200 mila euro versati in somme annuali. Il pizzo veniva definito “panettone” perché contenuto in pacchi con il dolce natalizio e bottiglie di spumante consegnati nel periodo delle feste, e sulle percentuali degli appalti realizzati. “L’imprenditore – ha aggiunto Luberto – veniva ‘avvisatò di ogni cambio di comando nella zona attraverso attentati e danneggiamenti. Successivamente gli venivano indicate le persone a cui rivolgersi per ottenere tranquillità”.