CATANZARO. La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge regionale del 16 ottobre 2014 che modifica la legge regionale 24 del 18 luglio 2008 relativa alle norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private. Dopo l’approvazione della legge regionale impugnata, il Commissario ad acta, con decreto 17 ottobre 2014, aveva dichiarato che la legge stessa “ostacolava la piena attuazione del piano di rientro e dei programmi operativi 2013-2015 e ha invitato il Consiglio regionale ad abrogarla”. Il Consiglio dei ministri aveva denunciato che le “disposizioni censurate modificherebbero la disciplina sanitaria regionale in costanza del piano di rientro, in merito a profili di stretta competenza del commissario ad acta. Inoltre, il ricorrente lamenta che le disposizioni impugnate, recando interventi non contemplati dal piano di rientro e dai relativi programmi in tema di autorizzazioni e accreditamenti, si pongono in contrasto ai principi fondamentali per il contenimento della spesa sanitaria di cui all’art. 2, commi 80 e 95, della legge n. 191 del 2009, in virtù dei quali le previsioni dell’accordo tra Stato e Regione e del piano di rientro sono vincolanti per la Regione, che è obbligata a rimuovere i provvedimenti, anche legislativi, che ostacolino la piena attuazione del piano, e a non adottarne di nuovi”. “Ulteriori profili di contrasto – prosegue la sentenza – con i principi di coordinamento della finanza pubblica sono poi ravvisati dal Presidente del Consiglio dei ministri nell’art. 2 della legge regionale della Calabria n. 22 del 2014, in quanto tale articolo, circoscrivendo i presupposti della decadenza, potrebbe impedire all’amministrazione sanitaria di disporla nei confronti di chi si renda responsabile di cattiva gestione delle risorse finanziarie. Anche l’art. 1 della stessa legge sarebbe affetto dal medesimo vizio di illegittimità costituzionale, in quanto attenuerebbe il controllo della spesa sanitaria in riferimento alla selezione dei soggetti in condizione di incidere su di essa”. Nella sentenza si evidenzia, inoltre, che “l’esame delle finalità e dei contenuti della legge regionale Calabria n. 22 del 2014 conferma la sussistenza di una interferenza con le funzioni attribuite al Commissario ad acta. In conclusione, devono essere condivisi i rilievi della parte ricorrente – cui la Regione Calabria ha omesso di replicare – secondo i quali le disposizioni in questione, in ragione del loro specifico contenuto, costituiscono un’interferenza con le attribuzioni del Commissario ad acta e, quindi, un ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro”.