LAMEZIA TERME. Quattro persone di etnia rom sono state arrestate dai carabinieri a Lamezia Terme nell’ambito di un’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, sulla combustione illecita di rifiuti. I militari della Compagnia di Lamezia Terme, dalle prime luci dell’alba, hanno eseguito anche numerose perquisizioni. L’indagine, denominata “Killer Smoke”, ha consentito di portare alla luce l’esistenza di un gruppo di persone di etnia rom dedite a tale attività illecita. In carcere sono finiti Amato e Mario Bevilacqua, mentre gli arresti domiciliari sono stati concessi a Carmela Bevilacqua e Natalina Berlingieri. Sono accusati di essere i responsabili di Continui incendi di materiali di vario genere, in alcuni casi anche con rifiuti pericolosi e con dense colonne di fumo che si alzavano in città, a pochi passi dall’ospedale. Una scena rivista più volte a Lamezia terme, nell’area del campo rom di località Scordovillo. Per questo, la scorsa estate il sindaco della città, Paolo Mascaro, presentò un esposto a magistratura e forze dell’ordine, visti i rischi per la salute pubblica. Una condizione che fece scattare le indagini dei carabinieri della Compagnia di Lamezia, guidati dal capitano Fabio Vincelli, e che oggi ha portato all’arresto di quattro persone, mentre in tutto sono sette gli indagati. Le indagini dei militari dell’Arma hanno permesso di verificare le responsabilità del gruppo di etnia rom. Fondamentali sono state le immagini delle telecamere posizionate in zona e diversi appostamenti che hanno permesso di verificare la presenza dei responsabili nei luoghi dove avvenivano gli incendi. I Carabinieri, è stato spiegato nel corso di una conferenza stampa che si è svolta negli uffici della Procura di Lamezia Terme, hanno dovuto fare i conti con un vero e proprio sistema di sorveglianza attuato in zona da alcune “vedette” nel momento in cui partivano i roghi. In alcuni casi venivano usati anche minori per controllare i movimenti intorno all’area. Tra i rifiuti bruciati, secondo quanto evidenziato dal procuratore di Lamezia, Domenico Prestinenzi, c’erano spazzatura domestica, plastica, pneumatici, legno, ferro e cavi in rame selezionati. In quest’ultimo caso si trattava, secondo alcuni accertamenti ancora in corso, di materiale rubato dal quale veniva estratto il rame, mentre il tubo veniva bruciato in una zona delimitata del campo rom, a pochi passi dall’ospedale.