CATANZARO. Nelle prime ore della mattinata nelle province di Vibo Valentia, Cosenza, Como, Monza, personale delle Squadre Mobili di Vibo Valentia e Catanzaro e del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, Carabinieri del R.O.N.INV. di Vibo Valentia e della Compagnia di Tropea e militari del GICO della Guardia di Finanza di Catanzaro, nell’ambito di una operazione denominata “Costa Pulita”, hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo d’indiziato di delitto, emesso dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catanzaro, nei confronti di 22 soggetti ritenuti responsabili, a diverso titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto illegale di armi e sostanze esplodenti. L’operazione è il risultato di indagini svolte dalle Forze di Polizia, dirette dai Sostituti Procuratori Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni e coordinate dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro, Giovanni Bombardieri, su presunti appartenenti alla criminalità organizzata vibonese. In particolare, le investigazioni, avviate nei primi mesi del 2013, hanno riguardato numerosi soggetti appartenenti, o comunque contigui, al potente clan della ‘ndrangheta Mancuso, operante in tutto il territorio vibonese, ed alle consorterie collegate Accorinti, La Rosa ed Il Grande, attive nei comuni del litorale tirrenico della provincia vibonese. L’indagine – si legge in una nota – ha lambito contesti politici locali, in particolare di passate Amministrazioni del Comune di Briatico e Parghelia. Eseguite numerose perquisizioni nei confronti di soggetti diversi dai fermati, ma coinvolti dalle indagini, presso il Comune di Briatico, poi sciolto per mafia nel 2012; a riguardo dello stesso contesto sono stati inoltre documentati propositi di ritorsione, attuati, nel 2011, mediante lettera minatoria, contro un giornalista molto noto in provincia, autore di articoli sulla mala gestione del municipio briaticese. Nel corso dell’attività, supportata da intercettazioni telefoniche, ambientali e video riprese, sono state sequestrate diverse armi da fuoco e, nel 2014, sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, alcuni elementi di spicco delle locali cosche, in procinto di porre in essere un attentato mediante l’utilizzo di un potente ordigno esplosivo. Durante le fasi dell’odierna operazione, si è proceduto al sequestro, ai sensi della normativa antimafia, di beni mobili ed immobili riferibili agli indagati per un valore di circa 70 milioni. Tra i beni sequestrati oltre 100 immobili, quote societarie e rapporti bancari ed anche 2 villaggi vacanze e tre compagnie di navigazione con altrettante motonavi che assicuravano, in regime di sostanziale monopolio, i collegamenti turistici con le isole Eolie. L’ex vicesindaco di Parghelia Francesco Crigna è tra gli amministratori pubblici indagati in stato di libertà. Secondo l’accusa sarebbe stato in stretto contatto con esponenti della famiglia Il Grande, referenti in quel comune di Mancuso. Dalle indagini sarebbe emerso che le imprese edili e di movimento terra facenti capo alla cosca, dopo l’alluvione che ha colpito il piccolo centro del vibonese nel febbraio-marzo 2011 sono state affidatarie in via quasi esclusiva di una serie di lavori per il ripristino di strade e dell’alveo di torrenti. Lavori che secondo l’accusa, spesso sarebbero stati assegnati indebitamente con una procedura di “somma urgenza”. Crigna, inoltre, avrebbe attestato falsamente in favore di un componente la cosca, il possesso dei requisiti necessari all’assegnazione di un alloggio da parte dell’Aterp di Vibo. La famiglia Il Grande, in cambio dei favori ricevuti, si sarebbe impegnata a reperire voti per Crigna e altri suoi alleati politici in occasione delle consultazioni elettorali. C’era un giornalista nel mirino del clan Mancuso di Limbadi. Si tratta di Pietro Comito, che attirò le ire della cosca per una serie di articoli, scritti a suo tempo per il quotidiano “Calabria Ora”, sul comune di Briatico, successivamente commissariato per infiltrazioni mafiose. Gli inquirenti ritengono di aver individuato i responsabili delle intimidazioni subite dal giornalista, che sarebbero fra i destinatari dei provvedimenti di fermo disposti dalla Dda ed eseguiti stamane. Comito denunciò malversazioni e continguità fra gli amministratori dell’epoca e i clan della ‘ndrangheta della zona e ricevette una lettera anonima con gravi minacce di morte. L’episodio indusse l’allora prefetto di Vibo Valentia, Luisa Latella, oggi prefetto di Catanzaro, a disporre a tutela del cronista un servizio di protezione. Ma secondo quanto sarebbe emerso dall’inchiesta sfociata oggi nei 22 fermi eseguiti da Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza, a riprova dei propositi di vendetta dei clan ci sarebbero anche intercettazioni. Sono 23 gli arrestati nell’ambito dell’operazione “Costa Pulita” della Dda di Catanzaro. Questi i nomi: Cosmo Michele Mancuso, già condannato quale capo dell’omonimo clan di Limbadi; Salvatore Muzzopappa di Nicotera; i fratelli Davide e Federico Surace di Spilinga; Giovanni Rizzo di Nicotera; Antonino Accorinti di Briatico, indicato come a capo dell’omonimo clan; Antonio Accorinti, figlio di Antonino; Francesco Giuseppe, detto Pino, Bonavita, di Briatico; Leonardo Melluso di Briatico ed i figli Emanuele e Simone Melluso; Nazzareno Colace di Portosalvo, frazione di Vibo Valentia; Giuseppe Evalto; Giuseppe Granato di Briatico; Adriano Greco di Briatico; Ferdinando e Carmine Il Grande di Parghelia; Gerardo La Rosa di Tropea; Giancarlo Loiacono di Zambrone; Francesco Marchese di Briatico; Pasquale Prossomariti; Salvatore Prostamo di Briatico; Carlo Russo di Zambrone. Le accuse, a vario titolo, comprendono i reati di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni e traffico di droga ed armi.
La solidarietà dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria
al collega Pietro Comito minacciato dai clan
E’ davvero inquietante il quadro che emerge dalle carte dell’inchiesta “Costa pulita” e che oggi ha portato all’arresto di 23 presunti affiliati alle cosche del Vibonese. E’ quanto si afferma in una nota dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria. “Una intercettazione agli atti –aggiunge la nota- conferma che esponenti di una pericolosissima cosca avevano messo nel mirino il collega Pietro Comito ‘reo’ di avere raccontato, sul giornale sul quale all’epoca scriveva, dei festeggiamenti di alcuni capi bastone dopo le elezioni amministrative di Briatico”. Nella intercettazione uno degli affiliati riportava la volontà di “spaccare” Pietro Comito alla prima occasione utile. A suo tempo Comito aveva ricevuto in redazione una lettera minatoria con la quale gli si “consigliava” di non occuparsi delle vicende del Comune di Briatico. Quanto emerge dall’inchiesta “Costa pulita” conferma che la lettera non era certo uno scherzo. L’Ordine dei Giornalisti della Calabria, nella nota, segnala che “si tratta dell’ennesimo episodio di minacce o violenza che vede come soggetto a rischio un giornalista il quale ha solo fatto il proprio lavoro con serietà e rigore”. Nell’esprimere la più sentita solidarietà al collega Pietro Comito l’Ordine dei Giornalisti della Calabria “ringrazia magistratura e forze dell’ordine per l’impegno costante a tutela della legalità e della incolumità dei cittadini, nonché per l’impegno a salvaguardia dei tanti colleghi che, seguendo in questa terra difficile la cronaca nera e giudiziaria, sono più di altri esposti alle ritorsioni ed agli attacchi delle organizzazioni criminali”.