CATANZARO. La tregua è finita: con l’apertura della caccia, da domenica prossima migliaia di fucili saranno puntati contro esseri inermi inseriti dalla Regione nel cosiddetto calendario venatorio, un vero e proprio elenco di condannati a morte mediante fucilazione”. è quanto si legge in una nota stampa del Wwf Calabria. “A dire il vero – prosegue l’associazione -le ostilità contro tortore e colombacci (bracconaggio contro altre specie a parte), si erano già aperte in anticipo, grazie ai due giorni di preapertura che quest’anno la Regione Calabria ha concesso al mondo venatorio, rispetto alla data, quella della terza domenica di settembre, prevista invece dalla legge quadro; un provvedimento che non poggia su nessun fondamento scientifico, tanto da risultare in aperto contrasto con molte indicazioni dell’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale (ISPRA) che , con un documento dello scorso mese di giugno, aveva contestato in più punti il provvedimento regionale. Al danno già prodotto dalle aperture anticipate, dall’alba di domenica si aggiungerà quello dell’abbattimento di migliaia e migliaia di animali, dai tordi alle beccacce, dalle quaglie alle allodole, dalle anatre ai merli: una strage legalizzata che si protrarrà per cinque mesi (la caccia si chiude infatti alla fine di gennaio), per cinque giorni alla settimana, “da un’ora prima che sorga il sole e fino al tramonto”. Il tutto in un contesto di pressoché totale assenza di sorveglianza e di un bracconaggio tanto diffuso quanto radicato. A distanza di oltre vent’anni dalla sua entrata in vigore, la legge in materia di “Protezione della fauna selvatica” e di “prelievo venatorio”, che pure presentava degli aspetti positivi rispetto al passato, di fatto continua a rivelarsi sempre di più una legge a favore dei cacciatori e sempre meno a tutela della fauna. Lo conferma, tra tutti, il fallimento di quel ” legame” tra cacciatore e territorio che avrebbe dovuto cambiare radicalmente l’atteggiamento predatorio che ha sempre caratterizzato l’attività venatoria in Italia con la libertà concessa ai cacciatori di spostarsi liberamente alla ricerca di animali da abbattere”. “L’intento di responsabilizzare il cacciatore all’interno di un Ambito Territoriale di Caccia (ATC) di dimensioni limitate – secondo gli esponenti dell’associazione – è stato stravolto e cancellato anche in Calabria con la creazione di ATC di migliaia di km quadrati , o con la concessione di “pacchetti” di giornate durante le quali si può andare a sparare ai migratori in Ambiti diversi da quello proprio. Frutto della volontà di perpetuare quel “nomadismo venatorio” che rappresenta uno dei mali originari della caccia italiana, aggravato dal mantenimento dell’anacronistico art.842 del Codice Civile che consente ai cacciatori (e solo ad essi!) di accedere liberamente nei terreni degli altri senza il consenso del proprietario; un privilegio che, per legge, assegna alla caccia circa il 70% della superficie agro-forestale del Paese. Per il resto la conservazione della fauna (si fa per dire) è affidata ai cosiddetti “limiti di carniere”, cioè al numero di animali che ogni singolo cacciatore può abbattere per ogni giornata di caccia: a conti fatti, la legge autorizza in teoria l’uccisione di un numero di “prede” che supera di gran lunga quello degli animali effettivamente presenti sul territorio. Giusto per fare un paragone, è come se il codice della strada ponesse un “limite” di velocità di 500 Km all’ora , magari facendo sapere che saranno smantellati gli autovelox e i tutor sulle autostrade. La Calabria – conclude il Wwf – continua pertanto a rimanere distante anni luce da una “gestione” della fauna che sia meno distruttiva di quella attuale, preferendo accontentare un’assoluta minoranza della popolazione , piuttosto che proteggere veramente quel patrimonio di biodiversità che, sulla carta, ma solo lì, dovrebbe appartenere a tutta la comunità nazionale e internazionale”.