Gli spot televisivi del bando per l’autoimpiego? “Devono andare per forza a queste cinque emittenti locali”. Lo ha imposto, sfidando ogni logica e buona parte delle norme che regolano l’affidamento di un qualunque appalto o servizio da parte di una Pubblica Amministrazione, il Dipartimento Programmazione Nazionale e Comunitaria della Regione Calabria con timbri e firma d’ordinanza (nella foto il DG del Dipartimento Programmazione nazionale e comunitaria, Paolo Praticò con il presidente della Regione Oliverio). La colpa, naturalmente, non è delle cinque emittenti, tutte valide e pienamente in diritto di essere tra gli affidatari del servizio. Il problema invece è la discriminazione evidente, plastica e assolutamente inammissibile di tutte le altre che hanno gli stessi requisiti e quindi gli stessi diritti. In primis quello di partecipare ai bandi della Regione Calabria senza essere preventivamente discriminate o di fatto inserite in una sorta di “serie B” nella quale non c’è una sola ragione logica per essere relegate. Eppure questo accade alla Regione Calabria, formalmente per iniziativa di questo o quel funzionario; a volte, ma non ci riferiamo al caso specifico, per interventi “dall’alto” (o dal basso?) di personaggi appartenenti alla varia umanità che bordeggia i tanti piani della Cittadella regionale. La scelta preconfezionata delle reti tv a cui assegnare il compito (e quindi gli spot e, in definitiva, le somme) di propagandare le opportunità del bando per l’autoimpiego ha sollecitato una levata di scudi da parte delle emittenti inopinatamente discriminate, alcune delle quali hanno manifestato l’intenzione di investire della vicenda l’Anac, l’autorità anticorruzione che vigila sugli appalti degli Enti pubblici, e la Corte dei Conti, riservandosi anche di citare la Regione Calabria per il danno d’immagine, enorme, arrecato. Essere inopinatamente e senza alcuna ragione logica, relegati in una sorta di “serie B” dal più importante Ente pubblico territoriale significa avere subito un vulnus davvero pesantissimo perché le varie agenzie di pubblicità, sia quelle cui si è rivolta la Regione sia le altre che non sono state neppure contattate, hanno inevitabilmente introiettato l’informazione affatto subliminale arrivata dalla Regione e potrebbero dunque penalizzare le televisioni regionali discriminate anche per future campagne pubblicitarie dalle stesse pianificande. Tra l’altro il forzoso inserimento di alcune emittenti, imposto alle agenzie contattate dalla Regione, ha innescato, almeno in qualche caso, un prevedibile meccanismo di rialzo del prezzo degli spot che inevitabilmente comporterà un aggravio di spesa per la Regione. Con conseguente probabile danno erariale su cui potrebbe essere richiesto l’intervento della Corte dei Conti nei confronti dei dirigenti e dei funzionari che hanno avuto un qualche ruolo nella predisposizione del bando. E’ l’ennesimo scivolone della Regione Calabria che contribuisce a rendere sempre meno credibili gli intendimenti, ad ogni piè sospinto enunciati dal presidente Oliverio, di fare della Cittadella regionale una casa di vetro nella quale non si sarebbero mai più allevati figli prediletti e figliastri negletti.