REGGIO CALABRIA. Il messaggio non si presta a equivoci: duecento chili di tritolo per il pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, e la possibilità di colpirlo in più punti della città lungo il tragitto che compie abitualmente per andare al lavoro. È un anonimo telefonista a parlare dopo avere digitato il numero del centralino della Guardia di finanza. “Dite a Beppe Lombardo che se non la smette lo ammazziamo”. Minacce pesanti che risalgono a qualche settimana addietro e di cui si è appreso solo oggi. Un episodio sul quale la Procura di Catanzaro, competente per il distretto giudiziario reggino, sta cercando di fare luce dopo avere aperto un fascicolo contro ignoti. Lombardo è titolare di alcune delle inchieste più delicate condotte contro le cosche più potenti della città e tra le principali dell’intera Calabria, come quelle De Stefano, Libri e Condello. Il magistrato, inoltre, sta tentando di fare luce sui presunti rapporti tra le consorterie ‘ndranghetistiche ed ambienti della massoneria, della politica, delle istituzioni e dell’imprenditoria. E non è tutto: Lombardo è anche il titolare dell’inchiesta sulla latitanza dell’ex deputato di Fi Amedeo Matacena – condannato in via definitiva a 3 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa – nella quale sono coinvolte otto persone tra le quali l’ex ministro Claudio Scajola e la moglie di Matacena, Chiara Rizzo. Non è la prima volta che il magistrato reggino è bersaglio di minacce e avvertimenti. Nel marzo dello scorso anno venne intercettata una busta a lui indirizzata contenente 50 grammi di polvere pirica ed un biglietto su cui c’era scritto “se non la smetti ci sono pronti altri 200 chili”. Tempo fa, in un’intercettazione, un presunto esponente della cosca Labate disse pure “a quello prima gli spariamo e meglio è”. E ancora il 4 ottobre 2011, nel parcheggio del palazzo che ospita la Procura, venne trovato un ordigno rudimentale poggiato su una foto del magistrato mentre, in precedenza, una busta contenente un proiettile di kalashnikov indirizzata al pm era stata bloccata nel centro di smistamento delle poste di Lamezia Terme. Altre due buste contenenti proiettili gli erano state recapitate il 25 gennaio 2010 ed il 17 maggio successivo. Il magistrato, stamattina, era regolarmente in aula, a Reggio Calabria. “Non credo – ha detto – di dover cambiare i miei programmi di lavoro. Anzi, le attività legate alla mia responsabilità di pubblico ministero non sono state certamente ridotte o rimandate per l’episodio di intimidazione di cui sono stato ulteriormente destinatario. È inquietante anche perché è l’ultimo di una lunga serie di episodi del genere. Ovviamente non cederemo ai ‘consigli’ di chi vorrebbe interrompere un determinato percorso perché crediamo anche alla funzione sociale che riveste la magistratura”. Solidarietà e attestati di stima sono giunti a Lombardo da esponenti delle istituzioni e della politica, come il ministro per gli Affari regionali, Maria Carmela Lanzetta.