“Facciamo emergere ciò che è bello”. E’ il messaggio lanciato durante l’incontro “La Calabria che Non vogliamo”, organizzato dall’associazione “Le Calabrie” nel Museo storico militare di Catanzaro. Una riflessione su ciò che la Calabria, dotata di un patrimonio storico, artistico e naturalistico come pochi, potrebbe essere ed invece non è, non riuscendo a valorizzare ed a capitalizzare le proprie indiscutibili risorse naturali. Una Calabria che al contrario gli stessi calabresi violentano e deturpano, incapaci spesso ma non sempre di riconoscersi in un’identità ed in un orgoglio di comunità, inclini invece ad aridi e sterili individualismi deleteri. Una terra chinata su sé stessa, che ha tutto per esplodere ed invece non trova la forza di comunicare, disperdendo l’alto potenziale a disposizione. Una terra in cui, peraltro, abusi edilizi e reati ambientali sono quasi all’ordine del giorno. Esempio è quanto avvenuto nello splendido sito di Capo Colonna, luogo simbolo del prestigioso passato magnogreco, ed oggi emblema dell’indolenza e dell’incapacità calabrese di esprimere e valorizzare quanto di bello, prezioso e vitale esista sul territorio. Basta nascondersi dietro al paravento della criminalità (che ovviamente esiste e fa male), occorre abbandonare rassegnazione e precarietà in quanto il nostro destino non è segnato. “La bellezza salverà il mondo” disse Dostoevskij. “Ma solo se noi salveremo la bellezza” aggiunse Salvatore Settis, rosarnese di Rosarno, un altro luogo simbolo della storia dimenticata di una Calabria deturpata.
Manuel Soluri