MILANO. C’è anche un tentativo di mettere le mani sul catering allo stadio Meazza per la stagione 2014-2015 cercando di “screditare” la società che attualmente lo gestisce per il Milan attraverso una falsa indagine che avrebbe dovuto avere lo scopo di far sì che fosse estromessa dal servizio. È un particolare spiegato in conferenza stampa dal pm Marcello Tatangelo emerso dalle indagini della dda milanese e che hanno portato i carabinieri ad arrestare in tutto 58 persone di cui due in flagranza di reato, con un’operazione che ha smantellato una cosca operativa a Milano tra Piazza Prealpi e viale Certosa. La vicenda, che ha portato in carcere anche un appuntato del nucleo tutela del lavoro dei Cc di Milano, Carlo Milesi, con l’accusa di corruzione di pubblico ufficiale, rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio e falso ideologico, riguarda Cristiano Sala – tra gli imprenditori in cella da oggi e diventati da vittime a complici della ‘ndrangheta – titolare della “Maestro di Casa” una importante società nel settore del catering che in passato si occupava, tra l’altro, del servizio per l’Inter. Dopo il fallimento della sua società, Sala, sommerso dai debiti, nel 2011 avrebbe cercato protezione e si sarebbe rivolto all’ndrangheta mettendo a sua volta a disposizione i suoi contatti e le sue strutture. L’imprenditore, per risollevare le sorti della sua attività imprenditoriale, avrebbe cercato quindi di ottenere la gestione del servizio catering durante le partite del Milan a San Siro. Per questo, secondo quanto è emerso dalle indagini, avrebbe corrotto il carabiniere Carlo Milesi per far sì che il militare “si inventasse un’indagine per far finire nei guai” la società concorrente. Il militare ha quindi avviato una “falsa” inchiesta per sfruttamento del lavoro nero, anche attraverso un’ispezione nei bar dello stadio durante la partita Milan-Roma del 16 dicembre 2013. Poi avrebbe parlato con alcuni dirigenti del Milan, risultati completamente estranei ai fatti, cercando di convincerli a estromettere la concorrente nella gestione del catering e affidare il servizio a una società controllata da Sala. Un tentativo bloccato dall’inchiesta della Procura di Milano. “Ci è dispiaciuto sapere che era coinvolto anche un carabiniere – ha spiegato il generale Maurizio Stefanizzi, comandante provinciale dei carabinieri di Milano – ma ovviamente siamo stati inflessibili”. Le indagini sono partite un anno e mezzo fa, da un’intimidazione ai danni di un commerciante di auto a Milano. L’organizzazione legata alla cosca Libri-De Stefano-Tegano di Reggio Calabria e radicata a Milano aveva ai vertici Giulio Martino, arrestato per associazione a delinquere di stampo mafioso e altri reati insieme ai fratelli Vincenzo e Domenico. Giulio Martino aveva trascorso 20 anni di reclusione e dopo la scarcerazione nel 2009, come ha spiegato il pm Marcello Tatangelo, “ha ridato vita all’organizzazione criminale”. Organizzazione che, oltre a controllare attività imprenditoriali, si occupava di estorsioni e traffico di droga. L’inchiesta ha portato anche al sequestro di armi da guerra e, nel settembre 2013, di 300 chilogrammi di cocaina a Genova. In molti casi gli imprenditori “da vittime diventavano organici alle cosche”. Tra gli episodi finiti al centro dell’inchiesta, il titolare di una concessionaria di auto a Milano che si era rivolto alla ‘ndrangheta per opporsi alle pretese di un creditore, che a sua volta si era affidato a Cosa Nostra. Oppure il proprietario di una sala bingo di Reggio Calabria che si era appoggiato alle cosche per aprire un locale a Cernusco sul Naviglio, nell’hinterland milanese.