COSENZA. “La costruzione di un museo dedicato ad Alarico ha a che fare col cammino identitario della città, e con la visitazione del suo immaginario”. È il giudizio di Franco Dionesalvi, direttore artistico della Festa delle Invasioni, sull’interesse che l’Amministrazione comunale di Cosenza sta riservando alla figura di Alarico, tanto da voler dedicare al re barbaro una struttura museale. “ Mentre è stato sicuramente disdicevole l’inserimento della foto di un criminale nazista in un sito di informazione pubblicitaria a scopo turistico, trovo bizzarro – dice Dionesalvi – questo scandalizzarsi per l’attenzione che la città di Cosenza dedica ad Alarico, e per l’uso di questo richiamo in chiave di proposta turistica culturale e “romantica”. Nella prima edizione di Invasioni – ricorda organizzammo un convegno internazionale di storici sulle invasioni barbariche, lo coordinò Piero Delogu, che è stato uno dei massimi esperti della materia, e vennero a relazionare docenti di tutta Europa. Tutti misero in rilievo come i barbari fossero i migranti forzati dell’epoca, costretti per motivi di sopravvivenza a ricostruire altrove le basi e le modalità della propria vita. È evidente che Alarico avesse le mani sporche di sangue, come la maggior parte dei re romani, dei condottieri e dei capi dell’epoca in tutto il mondo. Ma la costruzione di un museo dedicato ad Alarico non vuol certo indicarlo come esempio di proba vita per i giovani. Ha invece a che fare – dice – col cammino identitario della città, e con la visitazione del suo immaginario. Così come la vicenda, fra storia e leggenda, del suo tesoro, e della sua ricerca che si protrae nei secoli. Cercare il tesoro di Alarico è lavorare alla ricerca di un senso ultimo, sempre sfuggente perché troppo intimo, della città, delle nostre radici, della nostra genìa, del nostro essere qui e ora. In nome dell’idea della Festa delle Invasioni da 16 anni artisti, filosofi, poeti, cantanti di tutto il mondo e di ogni colore – conclude – vengono a Cosenza, a donarci un pò del loro sguardo sul mondo e a portarsi via una traccia delle nostre lacrime di dolore e di gioia”.