CATANZARO/ Nel Parco della Biodiversità di Catanzaro si è svolta nella mattinata di oggi una cerimonia in ricordo del commissario di pubblica sicurezza Giovanni Palatucci, poliziotto italiano, Medaglia d’oro al merito civile che mori’ di stenti il 10 febbraio 1945 nel campo di concentramento nazista di Dachau, in Germania. Vi hanno partecipato tra gli altri il questore di Catanzaro Mario Finocchiaro ed il prefetto Maria Teresa Cucinotta.
Note biografiche
Sono ancora controverse le notizie che riguardano la vita di Palatucci, tra testimonianze in favore e contrarie al suo operato. Egli fu addetto all’ufficio stranieri dal 12 novembre 1937 e poi reggente della Questura di Fiume. Nel novembre 1943 Fiume, pur facente parte della Repubblica Sociale Italiana, di fatto entrò a far parte della cosiddetta Zona d’operazioni del Litorale adriatico, controllata direttamente dalle truppe tedesche per ragioni d’importanza strategica e il comando militare della città passò al capitano delle SS Hoepener. Secondo alcune fonti, pur avvisato del pericolo che correva personalmente, decise di rimanere al suo posto. Per contrastare l’azione del comando tedesco, Palatucci vietò il rilascio di certificati alle autorità naziste se non su esplicita autorizzazione, così da poter aver notizia anticipata dei rastrellamenti e poterne dar avviso. Inoltre inviava relazioni ufficiali al governo della Repubblica Sociale Italiana per segnalare continue vessazioni, limitazioni nello svolgere le proprie attività e il disarmo dei poliziotti italiani da parte dei tedeschi. Egli si preoccupò anche dell’istituzione di uno “Stato Libero di Fiume”, per far sì che questo territorio, che correva il rischio di dover venir ceduto dall’Italia alla Jugoslavia, mantenesse una sua indipendenza. Fu proprio con l’accusa formale di cospirazione e intelligenza con il nemico in seguito al «rinvenimento di un piano relativo alla sistemazione di Fiume come città indipendente, tradotto in lingua inglese» che il 13 settembre 1944 venne arrestato dai militari tedeschi e tradotto nel carcere di Trieste. Il 22 ottobre venne trasferito nel campo di lavoro forzato di Dachau, dove morì due mesi prima della liberazione, a soli 36 anni.
Nel 1952 lo zio vescovo Giuseppe Maria Palatucci raccontò che il nipote durante la sua permanenza a Fiume aveva aiutato a salvarsi circa 5000 ebrei. Ma nel 2013 il Centro Primo Levi ha avanzato alcuni dubbi sulla corretta ricostruzione storica delle vicende legate alla figura di Palatucci, ridimensionandone i meriti. Stando alla ricerca del Centro Primo Levi, in base all’esame di circa 700 documenti finora inediti, Palatucci andrebbe descritto come uno zelante esecutore della deportazione di almeno 412 dei circa 500 ebrei presenti a Fiume, nel suo incarico di responsabile dell’applicazione delle leggi razziali fasciste. La sua deportazione e morte a Dachau sarebbe stata dovuta non al suo aiuto agli ebrei, ma all’aver mantenuto contatti col servizio informativo nemico, per aver passato agli inglesi i piani per l’indipendenza di Fiume.