CATANZARO. Francesco Zagami aveva 29 anni quando venne ucciso in un agguato mafioso a Lamezia Terme. Era il 24 gennaio del 2005. Cinque mesi prima la stessa sorte era toccata al fratello Domenico, freddato nell’agosto del 2004. Nove anni dopo la squadra Mobile di Catanzaro ha fatto scattare le manette intorno ai polsi di presunti esecutori e mandanti del primo delitto, mentre il secondo era stato già chiarito in una precedente operazione. I delitti maturarono nella faida sanguinosa tra la cosca Giampà da una parte e il clan Cerra, Torcasio, Gualtieri dall’altra. I fratelli Zagami sarebbero stati collegati proprio a quest’ultima e sarebbero stati ammazzati anche per il ruolo di rilievo che stavano assumendo. Domenico Giampà, oggi trentatreenne, aveva 24 anni quando si mise alla guida della motocicletta usata per compiere il delitto di Francesco Zagami. Con lui, secondo le accuse, c’era Aldo Notarianni, oggi quarantanovenne. Raggiunto il giovane da uccidere, Notarianni fece fuoco con una pistola calibro 9, esplodendo diversi colpi contro il giovane che era alla guida della sua autovettura. Quindi i due killer fuggirono in moto e vennero “recuperati” da Maurizio Molinaro, 31 anni oggi, il più giovane del commando all’epoca dei fatti. A ordinare il delitto, invece, sarebbe stato Vincenzo Bonaddio, 55 anni, già reggente della cosca e cognato di Francesco Giampà (“Il Professore”). A tutti e quattro è stata notificata l’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa di omicidio. A permettere di ricostruire il fatto di sangue sono state le testimonianze dell’ex capo clan, oggi pentito, Giuseppe Giampà, e dell’altro collaboratore di giustizia Angelo Torcasio. Sono stati loro a fornire elementi utili alle attività investigative. Circostanze che si sono perfettamente incrociate con quanto dichiarato da Molinaro e Giampà i quali si sono assunti la responsabilità del delitto, senza però riferire alcun altro contesto. A illustrare i contenuti dell’operazione, denominata “Medea 2”, sono stati il procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo; il questore Vincenzo Carella; il capo della squadra Mobile, Rodolfo Ruperti. In una conferenza stampa che si è svolta in Questura a Catanzaro, sono state ricostruite le indagini e le dinamiche che hanno portato al delitto. L’obiettivo dei Giampà, è stato detto, era quello di ottenere il predominio sul territorio, eliminando ogni componente del clan avverso. Il procuratore Lombardo ha evidenziato che “si tratta di soggetti già detenuti, già colpiti dalla contestazione di associazione mafiosa, ma scoprire anche gli omicidi ci permette di riempiere la stessa associazione di una dimensione corposa e visibile. Quello di Francesco Zagami è uno dei sedici episodi delittuosi che siamo riusciti a ricostruire a Lamezia”. Per il capo della Mobile, Ruperti, “si era trattato di un omicidio importante perché, come quello del fratello, fu deciso dal gruppo che poi abbiamo coinvolto in diverse inchieste”. Nel sottolineare il ruolo dei collaboratori di giustizia e in particolare il pentimento del boss Giuseppe Giampà, fondamentali nelle indagini, ma anche “fatti eccezionali negli ambienti della ‘ndrangheta”, Ruperti ha aggiunto che “questi risultati sono arrivati perché ci sono stati tanti arresti e sempre con tante prove”. Soddisfatto il questore Carella che ha voluto ringraziare il personale della squadra Mobile per i risultati ottenuti.