Svolta sull’omicidio del pregiudicato 21enne Francesco Covato, scomparso per “lupara bianca” a Vibo Marina, nel 1990. Le indagini, condotte dai sostituti procuratori Antonio D e Bernardo ed Andrea Mancuso e svolte dal Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, hanno portato all’arresto del presunto responsabile dell’efferato delitto. Si tratta di Nazzareno Colace, 57 anni, indicato come contiguo alla consorteria di ‘ndrangheta dei Tripodi-Mantino di Porto Salvo, arrestato, nel 2016, nell’ambito dell’Operazione “Costa Pulita”.
La sera del 23 gennaio 1990, a Vibo Marina, Francesco Covato uscì di casa a bordo della sua autovettura, senza più fare ritorno. Le ricerche delle forze dell’ordine, avviate a seguito della denuncia del padre della vittima, portarono al rinvenimento della sua automobile, trovata nel parcheggio del Stazione FS di Tropea. Da allora, nessuna traccia del ragazzo. Il laborioso lavoro investigativo, ricostruito dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, nonostante il lungo arco di tempo trascorso dalla scomparsa, avrebbe portato al movente del delitto. La sentenza di morte sarebbe maturata in un contesto di vendetta personale e di riaffermazione del potere criminale da parte della famiglia Tripodi, egemone del territorio di Vibo Marina-Porto Salvo. Colace avrebbe ucciso il giovane ed occultato il suo corpo, per vendicarsi di un agguato subito nel 1987, quando fu investito da una pioggia di proiettili mentre percorreva la strada statale 522.
La cosca, inoltre, avrebbe inteso fermare definitivamente Covato, che da tempo imperversava per le strade di Vibo Marina, commettendo atti intimidatori e reati contro il patrimonio senza il placet del gruppo criminale, incurante dei dettami imposti dai codici ‘ndraghetisti.