Il Sud appare meno reattivo in questa fase di ripresa economica: è quanto emerge dall’ultimo rapporto Svimez, che stima per il 2021 una crescita del Pil nel Centro Nord del 6,8% mentre nel Sud crescerà del 5%. Il Mezzogiorno, quindi, appare “meno reattivo e pronto a rispondere agli stimoli di una domanda legata soprattutto a due fattori, le esportazioni e gli investimenti”. Nel 2022 la Svimez prevede un aumento del Pil del +4,2% al Centro-Nord e del +4% nel Mezzogiorno. Nel biennio 2023/2024 la stima è per il Sud rispettivamente del +1,9% il primo anno e del +1,5% il secondo, mentre nel Centro-Nord il Pil crescerebbe del +2,6% nel 2023 e del +2% nel 2024. L’export ha un effetto propulsivo più ampio nel Centro-Nord (+14,3% al Sud, + 16,5% nel resto del Paese), gli investimenti in costruzioni, accelerano in entrambe le aree (+14,8% al Sud, +15,8% al Centro-Nord) ma tendono ad avere un impatto di traino all’economia più significativo al Sud. Nel quadriennio l’impatto relativamente maggiore delle manovre di finanza pubblica e del PNRR al Sud rispetto al Centro-Nord, “dovrebbe impedire al divario di riaprisi”. Ma la debolezza dei consumi, conseguente alla dinamica salariale piatta (15,3% di dipendenti con bassa paga nelle regioni meridionali rispetto a 8,4% in quelle centro settentrionali), al basso tasso di occupazione e all’eccessiva flessibilità del mercato del lavoro meridionale con il ricorso al tempo determinato per quasi 920 mila lavoratori meridionali (22,3% al Sud rispetto al 15,1% al Centro-Nord) e al part time involontario (79,9% al Sud contro 59,3% al Centro-Nord), frenerebbe la crescita.