Il traffico di droga viaggiava sui social: telegram, whatsapp, canali di comunicazione sicuri e difficili da intercettare. Fiumi di cocaina, marijuana e hashish che una banda di narcotrafficanti del rione Giostra di Messina comprava dai fornitori calabresi e rivendeva nella provincia. Una organizzazione ben strutturata che non si è fermata neppure ai tempi delle zone rosse in pandemia: nelle settimane del lockdown in Sicilia, l’associazione criminale utilizzava le ambulanze, che potevano circolare liberamente, per far viaggiare la droga ed eludere così i controlli delle forze dell’ordine, ottenendo anche un imbarco prioritario ai traghetti. Il business è stato scoperto dalla Guardia di finanza di Messina che ha disarticolato una banda con collegamenti a Reggio Calabria e nelle roccaforti ‘ndranghetiste di San Luca e Melito Porto Salvo. Le indagini, coordinate dalla Dda, hanno permesso anche di individuare a Catania un secondo canale di approvvigionamento, parallelo a quello ‘calabrese’, che vedeva come protagonisti un gruppo di trafficanti del quartiere San Cristoforo del capoluogo etneo. Le Fiamme gialle hanno notificato misure cautelari a 61 persone, diciassette delle quali beneficiavano del reddito di cittadinanza: per 48 indagati il Gip ha disposto il carcere, per sei gli arresti domiciliari e per gli altri sette l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini, condotte dalle Fiamme gialle del Gruppo di Messina e dagli specialisti del Gruppo investigazione criminalità organizzata del Nucleo di polizia economico finanziaria dello Stretto, avrebbero permesso anche di individuare una capillare rete di pusher e intermediari, responsabili della gestione operativa del narcotraffico: dalla consegna al dettaglio ai singoli clienti, sino alle forniture più significative. L’inchiesta nasce da una serie di approfondimenti su una delle principali piazze di spaccio del capoluogo peloritano, il quartiere di Giostra, noto per la massiccia presenza di esponenti di spicco della mafia locale. Gli inquirenti si sono avvalsi anche delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia che avrebbe fornito “una puntuale ricostruzione della fitta rete di relazioni e degli affari illeciti”, scrive il gip.