A tre anni dalla clamorosa fuga del boss della ‘ndrangheta Rocco Morabito dal carcere di Montevideo, l’inchiesta della magistratura dell’Uruguay per determinare eventuali complicità è arenata e rischia di impantanarsi del tutto con l’uscita del pm a carico delle indagini, Ricardo Lackner. E’ quanto riferisce il quotidiano ‘El Pais’, che segnala che a partire dal 2 gennaio il magistrato che fin dall’inizio ha condotto l’inchiesta è passato adesso a presiedere una nuova unità della procura per la lotta al cyber-delitto. Le indagini, riferisce ‘El Pais’, passeranno in questo modo in mano alla pm Silvia Porteiro, ma solo a partire da febbraio, quando riapriranno le porte dei palazzi di giustizia dopo le ferie estive. A oggi l’inchiesta condotta da Lackner ha portato solo all’individuazione di due imputati: un uomo arrestato a luglio del 2019 e accusato di complicità, e più di recente, a luglio del 2022, un agente delle forze speciali del ministero dell’Interno (Guardia Republicana) già coinvolto in irregolarità commesse durante i trasferimenti del pericoloso narco messicano Gerardo Gonzalez Valencia e che si ritiene abbia avuto contatti con Morabito. Al di là di queste imputazioni l’inchiesta non ha prodotto altre conclusioni di rilievo che spieghino la dinamica di quanto occorso nella notte di lunedì 24 giugno del 2019, quando Morabito, già in attesa di estradizione, riuscì a fuggire dalla terrazza del vecchio carcere di Montevideo insieme ad altri tre detenuti, passando per l’appartamento di una anziana vicina e dileguandosi poi per le strade della capitale. Nell’inchiesta sulla fuga erano stati arrestati inizialmente anche dei presunti fiancheggiatori di nazionalità russa sospettati di aver favorito l’uscita del boss dall’Uruguay. Morabito venne poi rintracciato e arrestato il 25 maggio del 2021 in Brasile dalla Polizia federale brasiliana grazie ad un’operazione condotta insieme ai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria, supportati dal Servizio di cooperazione internazionale di Polizia – progetto I-Can e dalle agenzie statunitensi Dea e Fbi. Il boss, che deve scontare un cumulo di condanne definitive di 30 anni di reclusione, fu scovato nel suo rifugio dorato di Joà o Pessoa, una villa con piscina dove all’epoca gli furono sequestrati, tra l’altro, 12 carte di credito e 13 telefoni cellulari. Già a luglio dello stesso anno Morabito venne quindi estradato definitivamente in Italia.