Resta in carcere Maysoon Majidi, l’attivista curda iraniana arrestata dalla Guardia di finanza con l’accusa di essere la scafista di una imbarcazione che ha condotto in Italia 77 persone sbarcate in località Gabella il 31 dicembre 2023. Lo ha deciso il Tribunale di Crotone rigettando l’istanza di modifica della misura cautelare dal carcere agli arresti domiciliari a conclusione della prima udienza del processo svoltasi stamattina. In aula l’imputata ha fatto delle dichiarazioni spontanee, contestando le accuse. “Io e mio fratello abbiamo fatto questo viaggio per salvarci la vita ed essere liberi in Europa” ha detto dopo aver raccontato le fasi della traversata dalla partenza, “avvenuta il 26 dicembre non il 25 come dice il pm”. Ha raccontato di essere rimasta sempre sottocoperta e di aver chiesto di salire per un malore: “ho iniziato a litigare con una donna che prima di partire aveva preso a tutti i cellulari. A quel punto ho detto che quando saremo arrivati li avrei denunciati alla polizia italiana perché ci stavano maltrattando. Questo ha scatenato antipatia e odio nei miei confronti da parte di chi stava in coperta. La mia minaccia di denuncia probabilmente ha dato agli altri una immagine distorta di me e per questo hanno pensato che dovessi essere incolpata”. Dopo aver sentito il giudice negarle i domiciliari, Maysoon, piangendo, ha chiesto al Tribunale di poter mostrare due foto che, a suo dire, la scagionerebbero. In una si vedono lei ed il fratello sottocoperta, nell’altra una donna vicino allo scafista. “Questa – ha detto – è quella che mi ha preso il cellulare. Mi si incolpa di essere una scafista ma si vede che la persona vicina al capitano è un’altra. Io e mio fratello eravamo sotto e ci vediamo nel video”. Il Tribunale ha fissato altre quattro udienze: il processo dovrebbe concludersi a novembre. Maysoon Majidi, attrice e regista curda iraniana di 27 anni, attivista per i diritti delle donne in Iran, è fuggita dal suo Paese perché perseguitata dal regime degli ayatollah. Ha sempre rigettato le accuse mosse sulla base di due testimonianze dei 77 migranti che la definiscono aiutante del capitano perché portava l’acqua agli altri migranti. Testimonianze sulle quali ci sono aspetti da chiarire perché successivamente i testimoni hanno ritrattato sostenendo che la traduzione delle loro parole fosse errata. Nell’incidente probatorio (svolto dopo 5 mesi) però, le autorità italiane non sono riuscite a rintracciare i testimoni finiti in Germania ed Inghilterra. Nel corso dell’udienza, all’esterno del Tribunale, si è svolto un sit in di attivisti a favore della scarcerazione di Maysoon.