Un disco di produzione interamente bolognese, questo primo lavoro, “La faccia delle persone”, del cantautore calabrese Maurizio Costanzo, dal mese di giugno disponibile in formato fisico, in digital download e su tutte le piattaforme streaming.
Siamo dalle parti di una tradizione musicale che nasce, persiste e si rivitalizza nel capoluogo emiliano, città che ospita artisti come Luca Carboni, Samuele Bersani, Gianni Morandi, Calcutta. E soprattutto città portata al centro della produzione artistica nazionale dall’immortale Lucio Dalla.
Soluzioni armoniche chiaramente insite nel solco cantautorale italiano quelle che ascoltiamo nel disco: accordi di pianoforte che fanno un insolito ménage con riff di chitarre elettriche, sonorità calde e malinconiche, testi dai toni confidenziali che snocciolano tematiche attuali.
Attraverso la sua voce Maurizio Costanzo interseca storie che sono una sintesi del suo percorso autobiografico: sentimenti, famiglia, incontri, esperienze di vita, malattia di Parkinson, giungendo a una riflessione sulle eterogenee e complesse personalità che ognuno di noi si porta dentro. «È molto importante – ci spiega il cantautore calabrese – il ruolo della musica nel mantenere aperto il dialogo con e tra le nuove generazioni, soprattutto quando la politica va purtroppo in altre direzioni. Sono nato in Calabria e ho vissuto qui per vent’anni, poi mi sono trasferito a Bologna per frequentare l’università e sono diventato bolognese d’adozione. Ma già da qualche anno, da quando ho ottenuto la docenza al Conservatorio di Cosenza, vivo sei mesi al nord e altrettanti in Calabria. Una condizione ideale per chi lavora in questo campo, abituato sempre a condividere esperienze e a vivere di scambi, eliminando ogni tipo di frontiera».
Terminati gli studi in Conservatorio e all’Università, Maurizio Costanzo inizia la carriera di musicista classico, suonando l’oboe e collaborando con orchestre e gruppi di musica da camera in Italia e all’estero. In seguito decide di affiancare la sua attività di esecutore a quella di giornalista, scrivendo per diversi quotidiani nazionali. E molto lentamente sposta il suo interesse verso l’ascolto della musica pop. Ma come avviene il passaggio dalla musica colta a quella leggera? «Fin da ragazzino ascoltavo e suonavo solo musica classica. Durante il periodo universitario feci un viaggio a Napoli e mi innamorai immediatamente della musica napoletana d’autore: Pino Daniele, Enzo Gragnaniello, James Senese e i Napoli Centrale. Poi a Bologna iniziai a frequentare gli studi di registrazione di Lucio Dalla e cominciai pian piano a scrivere canzoni. Tutto è avvenuto con estrema leggerezza e semplicità. Alcune cose nella vita succedono e poi ci si rende conto che un cerchio si chiude. Ricordo, comunque, la mia prima partecipazione a un concorso di canzoni d’autore a Roma. Spedii una musicassetta contenente un brano intitolato “Superman”, solo voce e chitarra. Ma il mio Superman non era proprio un uomo virile, muscoloso e idolo delle donne: dalle mie parole si evinceva un orientamento tendenzialmente omosessuale del supereroe. A farla breve: ero molto speranzoso e convinto di poter superare almeno la prima selezione. Invece grande delusione. Venni eliminato fin da subito con una motivazione che lasciava intendere la poca credibilità del testo. Episodio divertente che non dimenticherò mai. Questo il mio esordio come cantante».
“Tutto quello che rimane”, prima traccia del disco, si sofferma sulla volontà e capacità di comunicare e metterci in relazione tra noi, ma spesso rimaniamo in un equilibrio instabile, e tutto quello che rimane da mostrare agli altri sono solo le nostre facce.
Brano dal forte sentimento autobiografico è invece “Mia madre ha il Parkinson”, in cui Costanzo riflette sulla sua esperienza accanto a una persona costretta a vivere con una malattia degenerativa, evidenziando il punto di vista di un figlio che assiste al lento e costante annullamento delle capacità cognitive della madre.
“Mi perdo in un bicchiere” e “L’ultimo giorno” sono due brani che sembrano entrare in contrasto per i toni pacati e malinconici dell’uno e le sonorità più aggressive dell’altro.
Il testo “Biancaneve”, ci immerge nelle problematiche che una donna affronta nell’arco della sua esistenza. «Biancaneve è la più conosciuta tra le fiabe popolari europee. La variante attuale è quella dei fratelli Grimm e diffusa in tutto il mondo dai cartoni animati di Walt Disney. Leggendola da bambino rimasi molto colpito dal messaggio edificate: nonostante le avversità, le contraddizioni e gli ostacoli, la vita positiva è alla portata di tutti».