CATANZARO. Aziende costrette a pagare il pizzo oppure a vendere i propri prodotti ai prezzi imposti dalla cosca; imprenditori intimiditi anche sotto la minaccia delle armi. Queste le accuse formulate a vario titolo a carico d elle 18 persone arrestate nell’ambito dell’operazione”Chimera 2″ di Carabinieri e Dia che ha permesso di scoprire gli affari della cosca Cerra, Torcasio, Gualtieri, di Lamezia Terme. Sono 17 le persone portate in carcere, una quella finita agli arresti domiciliari. I particolari dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa, nella sede del Comando provinciale dell’Arma dei carabinieri, alla quale hanno partecipato il procuratore capo, Vincenzo Antonio Lombardo; l’aggiunto, Giovanni Bombardieri; il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Ugo Cantoni; il comandante del Reparto operativo provinciale, tenente colonnello Alceo Greco; il colonnello Michele Conte, della Dia; il capitano Fabio Vincelli, comandante della Compagnia di Lamezia Terme. L’operazione segue quella compiuta lo scorso mese di maggio contro la stessa cosca con l’arresto di 27 persone. Alle persone arrestate è stato contestato, a vario titolo, il reato di associazione per a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni nei confronti di imprenditori e commercianti del Lametino. Alcune delle ordinanze sono state notificate in carcere. Ed è qui che sono stati ricostruiti, grazie anche alle intercettazioni, i colloqui tra gli stessi detenuti e i familiari, durante i quali, con messaggi criptati, partivano le disposizioni sulle estorsioni da portare a termine. Le vittime venivano intimidite, secondo gli inquirenti, anche con l’impiego di armi. Ad uno degli arrestati, Angelo Francesco Paradiso, nipote del boss Nino Cerra, è stato contestato anche il reato di detenzione e cessione di un’arma clandestina. Le somme di denaro frutto delle estorsioni venivano utilizzate anche per mantenere i familiari dei detenuti della cosca, ma gli imprenditori taglieggiati erano anche costretti a vendere la merce ai prezzi stabiliti dalla cosca oppure ad assumere familiari o affiliati del clan. Tutti finivano sotto l’attenzione della p cosca, dall’impresa edile agli ottici, fino alle stazioni di servizio. Quelli più vessati, però, erano i negozi di abbigliamento, dove il clan pretendeva di comprare con sconti fissi dal 30 al 50 per cento. Per quanto riguarda Vincenzo Torcasio, il suo arresto è stato effettuato dalla Direzione investigativa antimafia che ha ricostruito una tentata estorsione ai danni di un imprenditore impegnato nella realizzazione di una struttura sanitaria a Maida. Alla vittima era stato chiesto il pagamento di una tangente pari al 3 per cento dei lavori, oltre ad una somma di 50.000 euro. “Con questa seconda tranche dell’operazione Chimera – ha detto il procuratore Lombardo – abbiamo completato la penetrazione negli affari di questa cosca, scoprendo diverse estorsioni perpetrate in un breve lasso di tempo”. Lombardo ha sottolineato anche la necessità che “possa cambiare la mentalità, perché altrimenti c’è sempre qualcuno che pensa di agire al posto di chi sta in carcere, magari presentandosi a suo nome”. In manette sono finiti: Cesare Gualtieri, 36 anni; Pasquale Torcasio, 45; Nicola Gualtieri, 22 anni;, Nino Cerra 23 anni, nipote omonimo del boss; Nicola Gualtieri, 69; Angelo Francesco Paradiso; Giuseppe Ranieri; Francesco Gualtieri; Antonio Gualtieri; Luciano Cimino; Massimo Crapella; Luciano Arzente; Federico Gualtieri; Domenico Torcasio; Vincenzo Torcasio; Giancarlo Chirumbolo; Giovanni Torcasio. Gli arresti domiciliari sono stati concessi a Giuseppe Gullo, mentre nell’inchiesta risultano indagate altre persone, tra le quali i tre imprenditori accusati di favoreggiamento aggravato. Luciano Cimino e Massimo Crapella, già condannati quali esecutori di alcuni omicidi, sono ritenuti anche al centro delle attività di estorsione.