CATANZARO. Il prestigioso “New York Times” inserisce la Calabria fra le mete imprescindibili del 2017, esaltandone l’enogastronomia e trascinandola, per una volta, fuori dalla palude degli stereotipi negativi? La notizia potrà stupire molti, ma non Vittorio Caminiti, imprenditore, presidente della Federalberghi regionale, esperto di gastronomia e presidente dell’Accademia del Bergamotto. “Il titolo di regione che attrae – dice – ce lo meritiamo a caratteri cubitali, perché poche realtà territoriali possono vantare un patrimonio culturale ed enogastronomico ricco e vario come quello calabrese. Basta solo pensare al cedro, alla cipolla rossa di Tropea, alla liquirizia di Rossano, al peperoncino di Diamante o al bergamotto”. Non a caso i derivati di quest’ultimo frutto sono indicati nel servizio del quotidiano statunitense come una delle delizie che caratterizzano la cultura enogastronomica della regione. E Caminiti, che ha scritto diversi libri in cui racconta il legame fra i piatti, le produzioni agricole tradizionali della regione che ne sono alla base e la storia della Calabria, parla come un fiume in piena. “Ho fondato 25 anni fa – spiega – l’Accademia del Bergamotto, un agrume conosciuto fino ad allora nel mondo soltanto per i suoi impieghi in campo cosmetico e profumiero. Ma la storia di questo prodotto in campo gastronomico è antichissima ed il suo impiego nell’industria dolciaria risale al 1600, quando furono confezionati i primi canditi. Prodotti a base di bergamotto – racconta – non mancavano nella corte di Versailles, in Francia, all’epoca del Re Sole. Pensi che i primi babà venivano prodotti a base di bergamotto, poi, per compiacere gli inglesi che per i loro traffici transitavano per il porto di Napoli, lentamente l’agrume calabrese fu soppiantato da altri aromi, come il punch. Allora mi resi conto della necessità di recuperare la tradizione calabrese (il bergamotto viene prodotto quasi esclusivamente in provincia di Reggio Calabria, ndr) facendola conoscere nel mondo. Per farlo era necessario coinvolgere gli chef più rinomati”. L’agrume ha qualità aromatiche del tutto peculiari, a cominciare dalla capacità di mitigare i sapori troppo dolci. Da qui il suo impiego nella pasticceria, dalle torte a dolci di ogni tipo, e nell’industria conserviera per le marmellate. E per quanto riguarda la cucina, sono almeno 150 i prodotti da esso derivati, fra cui un tipo di aceto molto simile a quello balsamico per caratteristiche ma con il vantaggio di non essere alcolico. Ma oltre che stuzzicare i palati più fini, il bergamotto vanta qualità terapeutiche, perché insigni ricercatori ne hanno certificato i benefici effetti sulla salute, per la prevenzione delle malattie cardiovascolari o come antitumorale. “Abbiamo coinvolto nell’accademia – racconta Caminiti – molti studiosi di fama internazionale, medici e cardiologi. Tutti estimatori del bergamotto per la sua azione sul colesterolo. Così – aggiunge – oggi aderiscono alla nostra accademia più di 1.500 esperti; personalità del mondo scientifico, chef famosissimi come Gianfranco Vissani, Fabio Campoli, Luigi Ferrari. Abbiamo 60 ambasciatori nel mondo che propagandano le qualità del bergamotto. Nomi noti come Nino Benvenuti, Andy Luotto, Antonella Clerici, Pippo Baudo: eccellenze nel mondo dello sport o dello spettacolo Il bergamotto è un prodotto nutraceutico: piacevole per il palato ma utile anche per la salute perché abbassa i trigliceridi e aiuta a tenere la pressione sotto controllo”. Negli Usa e nel Canada molte aziende farmaceutiche utilizzano il bergamotto per le loro produzioni, grazie anche al lavoro di agenzie che lo commercializzano. Una grossa società di distribuzione americana propone, nei suoi 1.500 punti vendita, prodotti con il logo dell’Accademia del Bergamotto, ormai diventato garanzia dell’originalità dei derivati dell’agrume. Ma è l’intera offerta enogastronomica la carta vincente della Calabria che comprende anche vini doc come il rinomato Cirò, varietà di pane prodotto con il grano della regione, dolci come il torrone e molto altro ancora. “La Calabria – racconta Caminiti – ha subito molte dominazioni. Quella araba, per esempio, ci ha lasciato in eredità il torrone, ma hanno lasciato il segno anche i turchi, gli spagnoli, la cultura arbereshe. Attorno ad ogni castello, ad ogni monumento o reperto archeologico di questa regione si possono immaginare veri e propri itinerari, vie gastronomiche: dal castello aragonese di Reggio alla villa romana di Gioiosa Jonica. L’enogastronomia calabrese – dice Caminiti – è spettacolare. Poche regioni possono vantare una tale varietà di gusti, esperienza, storia. Siamo superiori a regioni come l’Emilia-Romagna o il Piemonte che pure hanno una fama migliore della nostra”. Un primato perso, secondo Caminiti, anche per colpa della forte emigrazione che portò i calabresi, una volta stabilitisi, nelle regioni del Nord, a consumare nei ristoranti i piatti locali al fine di integrarsi, trascurando quelli della terra d’origine. Ma questo non ha cancellato la storia. “Nessuna regione – afferma – può fregiarsi di produzioni di qualità come il cedro, prediletto dalla cultura ebraica, la cipolla di Tropea, o il bergamotto le cui caratteristiche non trovano eguali in nessuna parte del mondo. Se la Calabria avesse espresso politici lungimiranti e funzionari all’altezza, capaci di valorizzare prodotti come il caciocavallo silano o i tanti vini doc, premiando i ristoranti più legati alle specificità del territorio, potrebbe vivere di solo turismo ed enogastronomia”. Storia e cultura sono dalla parte dei calabresi e della loro tradizione culinaria, tanto che a Reggio, accanto al museo archeologico, l’accademia ha allestito un museo del bergamotto, con reperti di 400 anni fa. Da qui una proposta: “Per le sue qualità mediche; per storia e tradizione, il bergamotto meriterebbe di diventare patrimonio dell’Unesco”.