REGGIO CALABRIA. Reginald Green, il padre del piccolo Nicholas, ucciso con un colpo di pistola alla testa, durante un tentativo di rapina lungo il tratto vibonese dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria 20 anni addietro, è arrivato stamani nella sede del Consiglio regionale della Calabria per partecipare ad un convegno sulla donazione degli organi. Nicholas Green morì il primo ottobre del 1994 nell’ospedale di Messina, dove i genitori autorizzarono l’espianto degli organi. L’appuntamento di Reggio Calabria si inserisce nel quadro delle varie iniziative promosse in diverse citta’ d’Italia dal 12 al 25 settembre, alla presenza di Reginald Green, per sensibilizzare sul valore della donazione. Ad accogliere Green il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Francesco Talarico; l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, e il responsabile del Centro regionale trapianti, Pellegrino Mancini. Prima del convegno c’è stato un momento di preghiera e raccoglimento davanti al monumento, raffigurante sette campane sovrastate da sette colombe a simboleggiare la vita che rinasce dal gesto dei familiari del piccolo) che ricorda il sacrificio di Nicholas. Una targa con la scritta “Donare è rinascere. Giornata in memoria di Nicholas Green”, con le firme del presidente Talarico e di Reginald Green, è stata collocata nell’occasione vicino al monumento realizzato con la fusione dei metalli ricavati dalle armi sequestrate alla criminalità organizzata. Ricordando Nicholas e ringraziando per il gesto di “magnanimità della sua famiglia”, mons. Fiorini Morosini ha detto, fra l’altro, che ancora oggi “pesa questa dimensione di subcultura che circola nella nostra terra”. Il presule si è rivolto poi alle giovani generazioni invocando una “maturazione spirituale e culturale”. “Quella buia notte, sulla Salerno-Reggio Calabria, vent’anni fa, era la prima volta che la nostra famiglia veniva in Calabria e, in piedi sul ciglio della strada poco dopo che Nicholas era stato colpito, mi ricordo che pensai ‘Non credo che ritornerò mai qui’. Invece, pochi mesi dopo, tornammo, e da allora sono ritornato quasi ogni anno negli ultimi vent’anni”. Sono le parole scritte da Reginald Green, padre del piccolo Nicholas, ferito gravemente alla testa nel 1994 mentre era a bordo di una Fiat Uno, durante una tentata rapina lungo il tratto vibonese dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Green, nella sede del Consiglio regionale, partecipa ad un convegno sulla donazione degli organi, che, dalla vicenda di Nicholas, conobbe un fortissimo impulso che coinvolse tutto il Paese. Il suo discorso, alla presenza di Reginald, è letto in italiano da una voce fuori campo. “La notte in cui Nicholas fu ucciso – è scritto nel testo – eravamo diretti verso le Stretto di Messina, dove Ulisse aveva affrontato con coraggio il passaggio tra Scilla e Cariddi. Non lo vide mai. Ma neanche per un momento abbiamo pensato che la Calabria avesse premuto il grilletto. Sarebbe potuto succedere ovunque, e l’effusione di compassione che ricevemmo dalle persone di ogni età, credo, e posto nella società, ci mostrò, come nient’altro avrebbe potuto, che i calabresi avrebbero fatto qualsiasi cosa fosse in loro potere per proteggere Nicholas”. Reginald Green ha descritto i terribili momenti seguiti alla morte del suo bambino e si è soffermato sulla decisione presa insieme alla moglie Maggie di donare gli organi del figlio. “Maggie ed io sedemmo lì, tenendoci per mano – ha scritto – senza parlare, finché, dopo un po’, lei mi disse pacatamente: ‘Ora che se ne è andato, non dovremmo donare i suoi organi?’ Dissi di ‘sì’, e ciò fu tutto. Ogni anno migliaia di famiglie in tutto il mondo prendono la stessa decisione e il loro dolore è identico al nostro. Oggi, vent’anni dopo, quando penso ai riceventi di Nicholas che lavorano e hanno dei figli propri, che si godono le vacanze e si preoccupano di tutte le piccole cose di cui tutti noi ci preoccupiamo – il denaro, il tempo, i problemi familiari – e sapendo che due di loro senza un trapianto sarebbero ciechi e la maggior parte degli altri cinque, se non tutti, sarebbero morti – so che se avessimo preso una decisione diversa Maggie ed io non saremmo riusciti a guardarci indietro senza un profondo senso di vergogna per aver voltato loro le spalle”.