Un’indagine britannica della Royal Society for Public Health, realizzata su un campione di giovani fra i 14 e i 24 anni, ha scoperto che Instagram, il social network delle immagini, è il più deleterio per la salute mentale dei giovani. Non si salvano neanche Facebook, Snapchat e persino YouTube.
Il giudizio è penalizzante: ruotando intorno all’immagine di sé, i social vengono percepiti negativamente per quanto riguarda ansia, depressione e per la celebre “fear of missing out”, la sindrome da esclusione che getta le persone nel panico quando sono disconnesse e non possono seguire costantemente gli aggiornamenti in bacheca.
La dipendenza dai social è una vera e propria patologia del nostro tempo, caratterizzata da vari disagi fisici quali mal di testa, tachicardia, disturbi alla vista, insonnia, confusione mentale, amnesie. Nei casi più gravi si può arrivare ad un vero e proprio isolamento sociale ed alla perdita dei contatti con la realtà. È, in sostanza, un circolo vizioso che spinge a cercare conforto, distrazione e sollievo in rete, accantonando i veri disagi che però non vengono eliminati.
Vi sono situazioni in cui quello dei social è un pensiero fisso e desiderio incontrollabile la cui astinenza, detta nomofobia (dall’inglese “no-mobile”, n.d.r.) o sindrome da disconnessione, è caratterizzata da sintomi di ansia e panico, per la paura di non aver più informazioni o rimanere soli.
Se da un lato quindi i social ci avvicinano alle persone lontane, dall’altra ci allontanano sempre di più dalla realtà, trasportandoci in un mondo in cui valiamo in base ai like che riceviamo ad ai follower che abbiamo. Le conseguenze di questa “realtà” sono disastrose. Basti pensare allo spaventoso aumento del numero di suicidi di quei giovani, vittime del cosiddetto “cyberbullismo”, esclusi dall’unico strumento di socializzazione che ormai sembra avere valore a questo mondo.
Assistiamo impotenti ad episodi di estremo disagio, come quello di una giovane ragazza che qualche anno fa si è tolta la vita dopo averlo più volte annunciato sui social e dopo essere stata insultata ed invitata a compiere il tragico gesto. Non ci meravigliamo più di fronte a vicende ancora più inverosimili come quella che si è consumata il 4 aprile scorso alla sede californiana di YouTube, quando una giovane donna ha ferito tre persone e poi si è suicidata. Il motivo di tanta efferatezza: il presunto “odio” per la società perché aveva smesso di pagarla per i video che pubblicava sulla piattaforma.
L’allarme legato alla pericolosità dell’uso “inconsapevole” dei Social Network è globale, sono numerose le istituzioni che invitano all’inserimento nei piani di studio di un’educazione scolastica all’uso dei social network ed alle problematiche psicologiche che possono comportare, tra cui il circolo vizioso della ricerca di approvazione. È dimostrato, infatti, che quando otteniamo i ‘Like’ che fortemente desideriamo non ci sentiamo affatto meglio né facciamo passi avanti. Anzi, sembrerebbe verificato il contrario: più dipendiamo dai clic altrui più abbiamo scarsa fiducia in noi stessi.
Emanuela Salerno