REGGIO CALABRIA. I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria hanno eseguito un’Ordinanza di Custodia Cautelare, emessa dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 52 soggetti, appartenenti e contigui alla ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale denominata cosca Paviglianiti, operante nei comuni di San Lorenzo e Bagaladi, in provincia di Reggio Calabria e territori limitrofi. Numerosi i reati di cui sono accusati. Fra questi: associazione di tipo mafioso, concorso in illecita concorrenza con minaccia o violenza, truffa aggravata ai danni dello Stato e concorso in detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi comuni da sparo, aggravati dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso. Nel corso dell’attività investigativa è stato accertato come il comprensorio dei comuni di San Lorenzo e Bagaladi fosse interamente sotto il controllo della cosca Paviglianiti, consolidata ed importante organizzazione criminale della fascia ionica della provincia reggina, della quale è stato ricostruito l’intero organigramma con l’individuazione dei ruoli dei singoli affiliati. E ci sono due tecnici comunali dei comuni di San Lorenzo e Bagaladi, tra gli arrestati dell’operazione “Ultima Spiaggia”, condotta dai Carabinieri. I due tecnici sono accusati di concorso esterno in associazione mafiosa. Un militare della Guardia Costiera, invece, è accusato di corruzione, per lui il gip ha disposto gli arresti domiciliari. Il controllo delle cosche era “asfissiante”, ha detto nel corso di una conferenza stampa il procuratore della Dda Federico Cafiero De Raho: “Su due Comuni, San Lorenzo e Bagaladi, che conta poco più di tremila persone, c’è un controllo asfissiante su tutto: le imprese, gli stabilimenti balneari, anche le attività tecniche del comune. I tecnici comunali che in questo caso sono stati arrestati per concorso esterno in associazione, cooperavano perché la cosca potesse aprire in modo indisturbato qualunque attività economica volesse. Questa – ha proseguito Cafiero De Raho – è la forza delle cosche di ‘ndrangheta, quella di riuscire ad avere legami a tutti i livelli, anche all’interno delle istituzioni, all’interno del comune, in questo caso anche all’interno della Guardia Costiera, peraltro agli arresti domiciliari è finito un maresciallo della Guardia Costiera che appunto risponde di corruzione”.