Da ‘ndrina a ‘locale’ a colpi di omicidi, danneggiamenti, estorsioni, infiltrazioni nella pubblica amministrazione, e persino uccisioni di animali. È questa l’evoluzione della cosca riconducibile alla famiglia Bagnato di Roccabernarda secondo le risultanze dell’operazione ‘Trigarium’ con la quale i carabinieri di Crotone e Petilia Policastro, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno sgominato un’organizzazione criminale attiva a Roccabernarda, comune del Marchesato crotonese. I dettagli del blitz, che ha portato all’esecuzione di 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere, sono stati illustrati dal procuratore Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Luberto e dai vertici dell’Arma di Crotone rappresentati dal comandante provinciale, Alessandro Colella, dal comandante del Reparto operativo, Danilo Cimicata, e dal comandante della Compagnia di Petilia Policastro, Marco D’Angelo. “Sotto il profilo numerico – spiega Gratteri – questa è una piccola indagine. Ma per noi ha una grande importanza sul piano probatorio e anche conoscitivo e storico, perché abbiamo scoperto l’esistenza di un ‘locale’ di ndrangheta, laddove fino ad adesso quello che sapevamo era che Roccabernarda era una ‘ndrina distaccata del ‘locale’ di Petilia Policastro. È un fatto importante perché avere un ‘locale’ significa avere una rappresentanza nel Gotha della ‘ndrangheta a differenza della ‘ndrina, che non ha la nobiltà per discutere alla pari con altre cosche”. L’inchiesta ha preso le mosse dall’omicidio di Rocco Castiglione e il tentato omicidio del fratello, Raffaele Castiglione, del maggio 2014, delitto che “ha segnato il passaggio del testimone del comando su Roccabernarda dagli stessi Castiglione ai Bagnato”. A prendere le redini dell’organizzazione, in particolare, sarebbe stato Antonio Bagnato, di 50 anni. L’agguato sarebbe stato commesso con “tecniche quasi paramilitari”, specificano gli inquirenti, da tre persone a volto coperto, che hanno sparato all’indirizzo della jeep dei Castiglione nei pressi del loro allevamento di cavalli. Particolare, quest’ultimo, che ha ispirato il nome dell’inchiesta, ‘Trigarium’, che nell’antica Roma era il luogo di addestramento equestre. Le caratteristiche della cosca diventata in questo modo egemone nel centro crotonese, osserva Luberto, “sono quelle di una ‘ndrangheta ancora rurale, che crea terrore e paura sui cittadini assoggettandoli alla sua forza e che lucra su quel poco di economia che c’è sul territorio, arrivando per esempio a numerose e brutali uccisioni di maiali e di animali finalizzate a far capire chi comanda sul territorio e la carica di intimidazione di una cosca che ha un ambito territoriale limitato ma comunque inserita nelle logiche di ‘ndrangheta nella provincia di Crotone”. Sotto questo aspetto, sarebbero stati accertati i contatti con le consorterie più potenti di Cutro e di Cirò, che si sarebbero avvalsi del ‘locale’ di Roccabernarda perché controlla un territorio ideale per il nascondiglio di armi e di latitanti. Le contestazioni a carico degli indagati comprendono tutti i reati di matrice ‘ndranghetistica: associazione mafiosa, omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione, ricettazione. Ma ci sono anche quelle di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e abuso d’ufficio. Ci sono stati infatti anche tentativi di infiltrazione della cosca nella pubblica amministrazione, dato che nell’inchiesta sono coinvolti anche un ex assessore e funzionari dell’Ufficio tecnico del Comune di Roccabernarda.
I numeri di “Trigarium”: 11 arresti e 4 denunce
Undici ordinanze di custodia cautelare in carcere, 10 delle quali eseguite, e quattro denunce, per complessivi 15 indagati. Sono i numeri dell’operazione “Trigarium” con cui i carabinieri della Compagna di Petilia Policastro, su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, hanno disarticolato una cosca di ‘ndrangheta attiva a Roccabernarda, nel Crotonese. In manette sono finiti Antonio Santo Bagnato (50 anni), Giuseppe Bagnato (31), Maurizio Bilotta (37), Antonio Cianflone (47), Domenico Iaquinta (37), Gianluca Lonetto (34), Antonio Marrazzo (53), Michele Marrazzo (33), Mario Riccio (68), Emanuele Valenti Carcea (33): un undicesimo indagato destinatario dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere è ricercato all’estero. Le accuse nei confronti degli indagati vanno dall’associazione mafiosa di tipo ‘ndranghetistico, all’omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione, ricettazione, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, abuso d’ufficio e vari danneggiamenti e uccisioni di animali.
Dopo il delitto Castiglione il salto di qualità del clan
L’omicidio di Rocco Castiglione, avvenuto a Roccabernarda il 31 maggio 2014 in un agguato nel quale rimase ferito anche il fratello Raffaele, è stato “determinato dalla volontà di Antonio Santo Bagnato di affermare ulteriormente la propria importanza sul territorio”. È quanto emerge dall’inchiesta ‘Trigarium’, con la quale i carabinieri, su disposizione della Dda di Catanzaro, hanno colpito una cosca attiva a Roccabernarda, nel Crotonese. In particolare, Bagnato “sarebbe rimasto offeso – spiega il comandante provinciale dell’Arma di Crotone, colonnello Alessandro Colella – dall’atteggiamento di Castiglione, che si sarebbe rivolto al sindaco per il rifacimento di una strada senza essere passato prima da Bagnato per il benestare. Un’offesa che può sembrare banale ma che di fatto ha portato poi all’uccisione dell’uomo. Bisogna considerare anche il fatto che tra le due famiglie c’erano degli attriti pregressi, perché la famiglia Castiglione aveva la reggenza della criminalità su Roccabernarda. Questo omicidio suggella una sorta di passaggio di consegne alla famiglia Bagnato”.
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