Cocaina dalla Colombia: arrestate 38 persone. Scoperte alleanze tra le cosche del Reggino

Cocaina dalla Colombia: arrestate 38 persone. Scoperte alleanze tra le cosche del Reggino

REGGIO CALABRIA. Sono 38 le persone arrestate dalla Guardia di Finanza, dalla Guardia Civil spagnola, dalla Dea americana in collaborazione con la C.B.P. statunistense, nell’ambito di un’operazione antidroga coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. L’operazione, denominata in codice “Santa Fè”, ha permesso agli inquirenti di smantellare un traffico internazionale di stupefacenti gestito dalla ‘ndrangheta. Nel corso delle indagini gli inquirenti hanno sequestrato oltre quattro tonnellate di cocaina purissima. L’operazione è stata condotta dai finanzieri del G.o.a. di Catanzaro, di Gioia Tauro e del servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma (S.c.i.c.o.). Contestualmente, in Spagna, la Guardia Civil ha dato esecuzione ad ulteriori 4 provvedimenti di cattura emessi dalla competente autorità giudiziaria spagnola. Il filone italiano dell’inchiesta, diretta dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, ha evidenziato contatti, alleanze e collaborazioni tra gruppi criminali della Locride, e in particolare della cosca Aquino/Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica, e gruppi criminali dell’area tirrenica reggina, in particolare le cosche Alvaro di Sinopoli e Pesce di Rosarno. L’organizzazione, secondo gli inquirenti, aveva come principali promotori di Francesco Marte, Antonio Femia, Nicodemo Fuda ed i fratelli Vincenzo e Giuseppe Alvaro, “punti di riferimento e capisaldi storici – sottolinea la Dda – del narcotraffico internazionale nella piana di Gioia Tauro, nella Locride e nel versante tirrenico aspromontano”. I fratelli Alvaro, in particolare, sempre secondo gli inquirenti, grazie ai loro numerosi contatti con operatori portuali al soldo del sodalizio, erano in grado di pianificare il recupero dello stupefacente occultato all’interno di containers trasportati sulle navi cargo in arrivo in vari porti italiani. L’operazione italiana, per la specificità dell’organizzazione indagata, si è inserita nella più ampia attività di livello mondiale condotta dalla D.e.a. americana, meglio nota come operazione “Angry pirate”, svolta contestualmente in diversi paesi. Le due inchieste hanno come denominatore comune i medesimi fornitori e, in alcuni casi, anche gli stessi clienti. La collaborazione fra i finanzieri italiani e le forze dell’ordine americane ha consentito di operare in varie nazioni, tra cui Brasile, Argentina, Repubblica dominicana, Colombia, Spagna e Montenegro, dove erano radicati o i principali esponenti dell’organizzazione calabrese indagata o personaggi ad essi collegati. Le indagini della D.e.a. in Sudamerica hanno portato all’identificazione di numerose fonti di approvvigionamento di cocaina garantiti dai comandanti delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) che coltivano, producono e distribuiscono lo stupefacente in tutto il mondo. Il giorno di Capodanno al largo delle isole Canarie, in occasione dell’abbordaggio di un veliero, e stato sequestrato un carico di 725 kg di cocaina destinati, in parte, alle consorterie calabresi. In Argentina, durante i preparativi inerenti alla spedizione di un grosso carico di cocaina, sono emersi contatti della cosca Alvaro di Sinopoli con esponenti della malavita serbo-montenegrina. Le indagini, nel loro complesso, hanno permesso di individuare i canali di rifornimento e di importazione dello stupefacente, consentendo l’intercettazione di numerosi carichi di cocaina diretti in vari porti italiani ed europei, tra cui principalmente quello di Gioia Tauro dove fondamentale è stata la collaborazione fornita dalle fiamme gialle. L’intera operazione ha permesso di infliggere all’organizzazione rilevanti perdite economiche, sia sotto il profilo dei capitali investiti che, soprattutto, dei mancati guadagni. La droga complessivamente sequestrata, infatti, una volta lavorata ed immessa in commercio avrebbe fruttato all’organizzazione circa un miliardo di euro. Colpito anche un ingente patrimonio accumulato dai principali arrestati, costituito da beni immobili, ditte individuali, quote societarie ed autovetture anche di grossa cilindrata. Le indagini patrimoniali svolte dallo S.c.i.c.o. di Roma e dal G.i.c.o. di Catanzaro, hanno permesso di individuare in capo agli indagati ed ai loro familiari, tra il Lazio e la Calabria, circa 40 immobili (terreni e fabbricati tra i quali spicca una lussuosa villa ubicata in ostia antica) nonché numerose ditte individuali operanti in diversificati settori dell’edilizia oltre a quote societarie.

 

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