Gioia Tauro, sequestrati beni per 40 milioni a 2 imprenditori

Gioia Tauro, sequestrati beni per 40 milioni a 2 imprenditori

 

Beni per 40 milioni di euro sono stati sequestrati dalla guardia di finanza e dallo Scico a due imprenditori, padre e figlio, indiziati di essere collusi con la cosca Piromalli-Molé di Gioia Tauro. Il provvedimento, che oltre alla Calabria ha riguardato anche la Campania e il Lazio, è stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Dda guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.  Rinviati a giudizio per associazione mafiosa, entrambi gli imprenditori secondo gli inquirenti avrebbero instaurato una cointeressenza con il clan Piromalli-Mole di assoluto spessore, duratura nel tempo e ben radicata. La figura criminale dei due era emersa nell’ambito dell’operazione “Andrea Doria” che ha svelato un articolato sistema di frode fiscale realizzata nel settore del commercio di prodotti petroliferi. Stando alle indagini, la frode era imperniata su fittizie triangolazioni societarie, finalizzate ad evadere l’iva e le accise, nonché sull’impiego di false dichiarazioni di intento, istituto che ordinariamente consente di acquistare in regime di non imponibilità. Secondo la Dda, l’associazione avrebbe gestito l’intera filiera della distribuzione del prodotto petrolifero, dal deposito fiscale fino ai distributori stradali finali, interponendo tra queste due estremità della catena una serie di operatori economici, imprese “cartiera” di commercio di carburante, depositi commerciali e brokers locali, con lo scopo di evadere le imposte in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo appunto delle dichiarazioni di intento. Le società “cartiere” avrebbero dichiarato, fraudolentemente, di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, acquistando il prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’Iva.

Il prodotto petrolifero, sempre secondo quanto emerso, sarebbe stato poi ceduto a prezzi concorrenziali provocando un danno agli onesti imprenditori del settore. Il denaro, infine, sarebbe stato ripulito tramite le famiglie di ‘ndrangheta e imprenditori come Ruggiero che gli inquirenti definiscono “colletti bianchi” il cui patrimonio, stando agli accertamenti della guardia di finanza sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla loro capacità reddituale. Per questo motivo, il Tribunale ha disposto il sequestro di 6 imprese attive nel settore del commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, della manutenzione e riparazione di container e della locazione immobiliare. I sigilli sono stati applicati anche a una ditta individuale operante nel settore agricolo, alle quote di una società operante nel settore della locazione immobiliare, 9 fabbricati, di cui 7 a Roma, 5 autovetture, 4 orologi di lusso, nonché disponibilità finanziarie.

 

 

 

 

 

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