Cento anni fa nasceva Giuditta Levato, contadina martire ed eroina del lavoro
CATANZARO. Cento anni fa nasceva Giuditta Levato, la contadina madre di due figli uccisa a Calabricata durante una manifestazione sindacale mentre aspettava il terzo bambino. La sua figura è stata ricordata nel corso di diverse iniziative, una delle quali promossa dal Comune di Sellia Marina. Il 28 novembre 1946 Giuditta Levato si unì a un gruppo di persone che si scontrò con Pietro Mazza, latifondista del luogo. La contesa era stata causata da una mandria di buoi che Mazza aveva lasciato pascolare nei campi assegnati ai contadini, impedendone quindi la coltivazione. Durante la protesta, in circostanze mai del tutto chiarite, dal fucile di una persona al servizio del ladifondista partì un colpo che raggiunse la donna all’addome. Fu trasportata prima a casa e subito dopo in ospedale, ma inutilmente. Morì all’età di 31 anni, mentre era incinta di sette mesi del suo terzo figlio. “Giuditta Levato ha lasciato una traccia indelebile nella storia d’Italia, destando una particolare intensità di interesse e coinvolgimento nel Meridione, sempre alla ricerca di riferimenti forti per ritrovare le proprie radici e i propri valori” ha affermato il presidente della Provincia di Catanzaro, Enzo Bruno. “Una storia da ritrovare e valorizzare come strumento di consapevolezza per rafforzare l’identità di una grande comunità – afferma Bruno -. Ricordare Giuditta Levato a cento anni dalla nascita, come ha fatto l’amministrazione comunale di Sellia Marina, guidata dal sindaco e consigliere provinciale Francesco Mauro, ma anche da associazioni importanti per la lodevole attività che svolgono nel mantenere viva la lezione della storia tenendo insieme la memoria collettiva come l’Associazione nazionale partigiani d’Italia, significa anche avere l’opportunità di aprire una riflessione su tematiche drammaticamente attuali come la dignità del lavoro e la giustizia sociale”. “Quella di Giuditta – dice ancora il presidente della Provincia di Catanzaro – è la storia di una donna straordinaria che si ribella al sistema predominante: una giovane donna, madre di due figli ed incinta del terzo, disposta a sacrificare la propria vita nel nome del diritto al lavoro che la prepotenza dei latifondisti voleva schiacciare, sottraendo alla cooperativa di Calabricata la terra assegnata dallo Stato con la complicità di una politica conservatrice e autoreferenziale, pronta a sfruttare i lavoratori portandoli alla fame per cancellarne la dignità di persone. Giuditta Levato – ha detto Bruno – rappresenta, quindi, uno straordinario esempio di emancipazione femminile, moderna e coraggiosa da trasmettere alle generazioni future come monito e come auspicio per un ritrovato orgoglio d’appartenenza ad una Calabria che dalla terra, quindi d’agricoltura e dal turismo, e dai suoi valori profondi può rinascere a nuova vita”. Per Giuseppe Valentino, segretario generale della Cgil di Catanzaro, Giuditta Levato fu “ una donna straordinaria che ha pagato con la vita la ribellione sua e dei suoi compagni contro un sistema ed una società che sfruttava e costringeva alla povertà i lavoratori. Voleva la terra, Giuditta Levato, quella che le spettava di diritto, per lei ed i suoi figli, per i suoi compagni. Per la terra è morta, uccisa a 31 anni nel corso di una manifestazione assieme alla creatura che portava in grembo. Oggi – ha detto – non vogliamo ricordare la morte di Giuditta Levato, ma le ragioni che, dopo cento anni, la tengono in vita. Non stiamo parlando di un’eroina, di una rivoluzionaria o di una “capo-popolo” ma semplicemente di una contadina, una donna semplice e forte che si batteva ogni giorno per mantenere la famiglia. Indaffarata negli affanni quotidiani, costretta a fare i conti con i soprusi e le privazioni del suo tempo. Una donna moderna, dunque, non molto distante dalle nostre attuali condizioni di vita. La sua grandezza sta nel fatto che ha scelto di rappresentare non solo il proprio bisogno ma di occuparsi degli altri, di condividere idee, progetti, sogni e passioni assieme ai suoi compagni. La sua forza – ha spiegato – sono stati i tanti suoi compagni di lotta, coloro che hanno creduto che era giusto cambiare le cose, che la terra, il lavoro, una vita dignitosa sono diritti sacrosanti”.