L’Opinione di Carlo Rippa/ Se la pazzia è ormai “normalità”
Il settimanale l’Espresso del 23 aprile 2015 pubblica un pregevole articolo del semiologo-filosofo Umberto Eco, “Siamo tutti matti ?”, nel quale lo scrittore di fama internazionale, con la finezza d’ingegno di cui è ampiamente dotato scrive, fra l’altro, che “in tutte le persone che vivono in questo mondo (e siamo ben sette miliardi), c’è un germe di follia che può manifestarsi di colpo, o soltanto in certi momenti della loro attività. I tagliagole dell’Is sono probabilmente, in certe ore della loro vita quotidiana, mariti fedeli e padri amorevoli, e ho letto che percepiscono regolare stipendio e hanno la mensa gratis, come il ragioniere che abita sopra di noi (…). E d’altra parte anche il più efferato degli assassini, a sentir dopo sua madre, sino al giorno prima era un ragazzo modello, al massimo appariva un poco malinconico”. Ritengo del tutto vere le predette osservazioni e confesso che, da qualche tempo, aspettavo l’occasione propizia per scrivere, sullo stesso argomento, analoghe considerazioni. Lo faccio con le note che seguono riferendo, a titolo esemplificativo, alcune delle continue comunicazioni che i mass media effettuano relativamente a indubbi atti di follia. Come definire altrimenti gli accadimenti delle scorse settimane che hanno avvelenato e contaminato ulteriormente il mondo dello sport nel nostro Paese: a Roma sono stati presi quattro ultrà per gli striscioni contro la mamma di Ciro Esposito; a Cagliari la polizia sta lavorando sodo per catturare quei tifosi che, con complicità interne, hanno assaltato il ritiro di Assemini; a Torino il derby ha rappresentato l’ennesima tappa nell’involuzione del nostro calcio, ormai incontrollabile, con violenze di ogni tipo, bombe carta, pietre contro il pullman della Juve, ultras delinquenti che si comportano da padroni e, per completare il quadro, il tifoso che, col bambino per mano, prende a calci e pugni il bus dei rivali. Andando indietro di pochi giorni, viene inevitabilmente alla mente il folle pilota tedesco che ha trascinato a morte tutti i passeggeri affidati alle sue cure, ed anche il dissennato imprenditore milanese che ha commesso una strage al palazzo di giustizia. Così, più in generale, è opportuno chiedersi se non fossero “normalmente pazzi” i poliziotti accusati del massacro messicano operato nella caserma Diaz, come pure i predetti tagliagole dell’Is che decapitano gente in continuazione e, kalashnikov a tracolla, mitragliano centinaia di bambini. Il filosofo Umberto Eco ha efficacemente spiegato, nel predetto suo articolo, che “in ogni essere umano c’è una dose di follia, che per molti resta latente per tutta la vita, ma per molti altri esplode a tratti ed esplode in forma non letale e talora produttiva in coloro che consideriamo geni, precursori, utopisti”. Avviandomi alla conclusione, ritengo solo di potere aggiungere che se oggi crescono progressivamente indubbi atti di follia, è anche perché l’egoismo e l’inestinguibile sete di potere, che caratterizzano da sempre la natura dell’uomo, sono divenuti assai meno contenibili, per effetto della terribile crisi economica e, soprattutto, per la devastante crisi di valori che ha contagiato ormai irreparabilmente istituzioni vitali come la famiglia, la scuola, la Chiesa e gli ambiti fondamentali nei quali si esercita l’attività umana, come la politica, l’economia e lo sport. Tutto ciò ha definitivamente compromesso la civile convivenza umana, al punto che oggi la condizione normale dell’uomo è diventata la pazzia, mentre la cosiddetta normalità si configura come uno stato del tutto effimero e transitorio. Il filosofo Umberto Eco tenta anche di suggerire il modo più semplice per sopravvivere nell’epoca della pazzia e suggerisce di prestare fiducia, comunque, almeno a qualcuno, pur rimanendo convinti che la fiducia assoluta non esiste. Dunque, se il comportamento di una persona che convive con noi o che comunque frequentiamo, nel corso degli anni è stato affidabile, sarà conveniente scommettere che si tratti di persona di cui fidarsi. Ma si tratta pur sempre di una scommessa, in ogni caso essenziale per la nostra salute mentale. Tuttavia, così conclude l’autore dell’articolo cui mi sono ispirato, “mi pare abbia scritto una volta Saul Bellow che in un’epoca di pazzia credersi immuni dalla pazzia è una forma di pazzia”. Riferimento spudoratamente amaro e nondimeno inevitabile.
Carlo Rippa