L’opinione di Carlo Rippa/ “Società liquida”, indignazione ed emergenze: la lezione di Zygmunt Bauman
Lunedì 9 gennaio del corrente anno, all’età di 91 anni, è morto Zygmunt Bauman, testimone eccezionale del nostro tempo, che ha elaborato, con un linguaggio semplice e mai riduttivo, il concetto di “società liquida”. Con la crisi dello Stato, delle ideologie (compresa quella religiosa), dei partiti (in evidente stato di coma irreversibile), dell’individualismo sfrenato e del consumismo fine a se stesso, prende corpo la cosiddetta “società liquida”, in cui il “non senso” prevale quasi sempre sulla razionalità. Già in altre occasioni ho avuto modo di soffermarmi sulla genialità del filosofo polacco Zygmunt Bauman, a cui si deve l’efficace metafora della tragica condizione attuale della società, originata dalla crisi di passaggio tra il XX e il XXI secolo, che si è sviluppata tra il crollo delle ideologie degli anni settanta e la recessione economica del 2008. Umberto Eco, in una delle sue ben note “Bustine di Minerva” ha scritto testualmente: “Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada di ciascuno ma antagonista, da cui guardarsi. Questo “soggettivismo” ha minato le basi della modernità, l’ha resa fragile, da cui una situazione nella quale, mancando ogni punto di riferimento, tutto si dissolve in una sorta di liquidità. Si perde la certezza del diritto (la magistratura è sentita come nemica) e le uniche soluzioni per l’individuo senza punti di riferimento sono l’apparire a tutti i costi, l’apparire come valore e il consumismo. (…). Che cosa si potrà sostituire a questa liquefazione? Non lo sappiamo ancora e questo interregno durerà abbastanza a lungo. Bauman osserva come (finita la fede in una salvezza proveniente dall’alto, dallo Stato o dalla rivoluzione), sia tipico dell’interregno il movimento d’indignazione. Questi movimenti sanno che cosa non vogliono ma non che cosa vogliono. E vorrei ricordare che uno dei problemi posti dai responsabili dell’ordine pubblico a proposito dei black bloc è che non si riesca più a etichettarli, come poteva avvenire con gli anarchici, coi fascisti, con le Brigate Rosse. Essi agiscono, ma nessuno sa più quando e in quale direzione. Neppure loro”. Ho deciso di scrivere ancora sulla brillante intuizione della “società liquida” di Bauman, perché sono sempre più convinto che l’idea della liquidità rappresenti l’essenza stessa del mondo in cui viviamo. Sono inoltre profondamente convinto che all’interno della crisi del concetto di comunità, vero e proprio mutamento epocale, siano esplose tutte le “emergenze” che caratterizzano il presente e che tendono ad accentuarsi con il passare del tempo come, ad esempio, la trasformazione del lavoro da materiale in immateriale, la globalizzazione, la precarizzazione e le nuove povertà, il fenomeno del terrorismo e delle inarrestabili migrazioni. Sono tutte “emergenze” destinate ad aggravarsi e certamente a durare nel tempo, anche perché la natura stessa dell’uomo non agevola l’individuazione sollecita e efficace di valide soluzioni. Non mi stanco mai di ripetere che l’uomo, ogni uomo è, per sua stessa natura, un concentrato di egoismo e smania di potere. Zygmunt Bauman, in uno dei suoi ultimi colloqui, ha ritenuto di esprimere la differenza tra il periodo della guerra e il presente con le seguenti parole :”Allora la gente era ottimista, vedeva la luce alla fine del tunnel. Le insicurezze erano temporanee, perché se la guerra fosse finita, tutto sarebbe andato a posto. Ora invece ci rendiamo conto che l’insicurezza è per sempre”. Non credo tuttavia che il sociologo polacco abbia inteso indulgere alla rassegnazione, quanto piuttosto a rivolgere un invito a contrastare la realtà del presente, perché niente sarà più come prima. Mi chiedo: ma c’è un modo per sopravvivere alla liquidità? Ancora Umberto Eco, nella sua “Bustina di Minerva” sopra ricordata, risponde testualmente: “C’è, ed è rendersi appunto conto che si vive in una società liquida che richiede, per essere capita e forse superata, nuovi strumenti. Ma il guaio è che la politica e in gran parte l’intellighenzia non hanno ancora compreso la portata del fenomeno. Bauman rimane per ora una vox clamantis in deserto“.
Carlo Rippa