Mancini, il figlio: “Ha dato alla politica più di quanto ha ricevuto”

COSENZA. “Buon compleanno, caro Giacomo. Hai speso bene i tuoi 86 anni, sempre con la schiena dritta e mai con il cappello in mano. Tante campagne elettorali, insieme a lui. Mai trovata, come stavolta, tanta disponibilità, riconoscenza, quasi che tutti volessero ringraziare il Leone che, nel corso della sua lunga attività, ha dato, in primis alle istituzioni e alla politica, più di quanto abbia ricevuto”. Così Pietro Mancini, presidente della Fondazione intitolata al politico socialista e figlio di Giacomo Mancini, nel suo intervento alla cerimonia per il centenario dalla nascita del leader socialista. “Benvenuti – ha aggiunto Mancini – autorità, giornalisti, relatori, amici. A Sergio Dragone che, con il bravo e compianto regista, Giuseppe Petitto, ha realizzato il docufilm sul Leone, che è stato socialista fino al midollo, però mai dogmatico, ma inquieto e aperto alle novità, ricco di idee e di intuizioni, con un piede nel passato, importante, di suo nonno, Giacomo, con Garibaldi a Porta Pia, e di suo padre, Pietro. Ma, sempre, con lo sguardo diritto e aperto sul futuro. Questo convegno è motivo di orgoglio per la nostra Fondazione che, in questi 10 anni, grazie a Landolfi, a Giacomo junior e a tanti giovani amici, è cresciuta. Contando sulle sue energie, a schiena dritta, come Mancini, senza sostegni delle istituzioni né concreti né ideali. Registriamo l’assenza del Governatore della Calabria al centenario del politico, che nel 1900 più ha fatto, non ha narrato, per la sua regione. Avrà avuto impegni più importanti… Oggi avremmo potuto avere qui con noi il Capo dello Stato, se Giuliano Amato, come da tanti, e anche, si parva licet, da me, fosse stato eletto al Quirinale. Si registrano, ancora, resistenze alla restituzione di un ruolo politico, dignitoso, alla tradizione del riformismo, di matrice socialista, di cui Mancini è stato un originale rappresentante. Nel bel docu-film di Petitto, Giuliano Amato dice: ‘Giacomo già ha un posto nella storia del Paese. Scegliendo il vaccino Sabin, da ministro della Sanità, salvò milioni di ragazzi dalla poliomielite’. Solo altri pochi punti, per i giovani, da valorizzare. Disse bene Cossiga: al governo, Mancini si dimostrò un ‘genio della concretezza’. Non narrò, ma ci ha lasciato quelli, che lo storico francese Braudel definì i ‘documenti di pietra’: strade, autostrada, ospedali, Università, aeroporto. Legami con il Sud e la Calabria. Mancini, ha detto bene Formica, scelse la strada più difficile: ‘sfidò i potenti, senza staccarsi, mai, dalle sofferenze’. Rapporti stretti con la città, qua i suoi amici del cuore, con Mauro Leporace, in Aeronautica, a Novi Ligure, con il calabrese Raf Vallone studente di legge e calciatore del Toro, caro Giuliano, a Torino, che amava molto. Errori? Ne ha fatto, certo. Ma lo attaccarono perché voleva le industrie in Calabria, parlarono di ‘industrie nel deserto’”. “Stiamo meglio, oggi – ha detto ancora Pietro Mancini – con la Calabria, che è un deserto senza industrie? Lanciò, inascoltato, allarmi sulla crisi dei partiti e sulla degenerazione della politica. Concludo, auspicando che si approfondiscano meglio e di più le idee, le intuizioni, l’attività di Mancini. Lo notate anche voi: su Giacomo, rimpianto dal popolo, silenzio dei Palazzi. Mi piace condividere, soprattutto con i tanti, che sono ancora molto legati al suo ricordo, la memoria del suo sorriso dolce, lo sguardo da miope, ma proiettato verso il futuro. E non archiviare la speranza che un Mezzogiorno e una Calabria, più moderne e proiettate verso il futuro, non dimentichino, ma si ispirino a uno dei suoi figli migliori e più generosi”.