Appalti pilotati all’ombra dei Piromalli

Appalti pilotati all’ombra dei Piromalli

 

Un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e
agevolare le cosche della ‘ndrangheta. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza che ha eseguito ieri
decine di arresti in diverse regioni italiane. L’indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria,
ha preso di mira i profili ‘imprenditoriali’ dei Piromalli, la cosca che opera nella Piana di Gioia Tauro. I finanzieri hanno eseguito anche sequestri di beni e imprese per oltre 103 milioni. L’operazione, coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e denominata ‘Waterfront’, è l’epilogo delle indagini sull’ala imprenditoriale dei Piromalli. Dagli accertamenti, infatti, è emersa l’esistenza di un cartello composto da imprenditori e pubblici ufficiali ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d’asta aggravata dall’agevolazione mafiosa, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati. Sono 11 i funzionari pubblici coinvolti. Ci sono anche un funzionario dell’Anas in servizio a Reggio Calabria, e tecnici dei comuni di
Rosarno e Gioia Tauro tra le persone coinvolte nell’inchiesta coordinata dalla Dda di Reggio
Calabria. Dalle indagini sarebbe emerso infatti lo “stabile rapporto corruttivo” esistente tra il
funzionario dell’Anas Giovanni Fiordaliso, del Compartimento di Reggio Calabria, e l’imprenditore
Domenico Gallo, indicato come il “dominus” di numerose società fornitrici di bitume e calcestruzzo. Tra gli indagati nell’operazione c’è anche il deputato della Lega Domenico Furgiuele. L’accusa ipotizzata nei suoi confronti è concorso in turbata libertà degli incanti in qualità di ex legale rappresentante della società Terina coinvolta nell’inchiesta in relazione a due gare di appalto. Dalla società Furgiuele si è dimesso dopo l’elezione al parlamento, Nei suoi confronti non sono stati emessi provvedimenti.

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Opere per oltre 100 milioni di lire finite nelle casse di un cartello di 43 imprese con sede in diverse regioni (Calabria, Lazio, Sicilia, Toscana e Campania) che assicurava al potente clan Piromalli di Gioia Tauro, una rilevante “tangente ambientale” ai fini della realizzazione dei lavori. E’ lo scenario
emerso dall’operazione “Waterfront” della Guardia di Finanza, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. Negli atti dell’indagine si parla di un sistema “sostenuto da un collante composito fatto di imposizione ‘ndranghetistica e collusione”. Lo scopo perseguito dal sodalizio criminale era garantirsi
il controllo dell’intero sistema delle gare pubbliche indette dalle stazioni appaltanti a Reggio e nella piana di Gioia Tauro, grazie al supporto di tecnici comunali e progettisti “amici”. Le indagini, che si sono avvalse di consulenze tecniche disposte dalla Dda reggina, avrebbero accertato la
turbativa di 15 gare d’appalto, bandite tra il 2014 e il 2016 per la realizzazione di grandi opere pubbliche nei comuni di Polistena, Rizziconi, Gioia Tauro, Gerace, Reggio Calabria, Santo Stefano in Aspromonte, Maropati, Grotteria, Galatro, San Giorgio Morgeto, Siderno, per un valore di
oltre 58 milioni di euro. Le 43 imprese coinvolte avrebbero partecipato ai pubblici incanti,
determinandone indebitamente l’esito, attraverso la presentazione di offerte precedentemente concordate, garantendo, in tal modo, l’aggiudicazione degli appalti a una delle imprese del cartello. E quando il cartello non era vincitore delle gare, il fine veniva comunque raggiunto attraverso il
subappalto o la procedura di nolo al fine di controllare la gara e la conseguente esecuzione
dei lavori affidata, comunque, alle imprese delle varie cordate. Sotto la lente degli
inquirenti anche 7 gare d’appalto bandite tra il 2007 e 2013, grazie ai fondi comunitari,
per un importo complessivo di circa 42 milioni di euro, destinati alla riqualificazione
delle aree urbane di Gioia Tauro, Rosarno e San Ferdinando, e dei relativi lungomari. A capo del sodalizio, secondo gli inquirenti, sarebbe stati Francesco Bagalà, di 43 anni, e Giorgio Morabito i quali, con l’ausilio di Francesco Bagalà 30 anni, avrebbero realizzato una serie di numerosi
reati contro la pubblica amministrazione, nonché contro l’industria ed il commercio,
al fine di appropriarsi di ingenti risorse pubbliche costituite dai fondi comunitari (Pisu), i quali, piuttosto che essere destinati ad una riqualificazione del waterfront di Gioia Tauro, avrebbero consentito un ingente lucro ai danni degli enti pubblici interessati. Il ruolo dei Bagalà era già emerso
dall’operazione “Cumbertazione”, conclusa nel 2017 dal Gico con l’esecuzione di 27 arresti per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione per delinquere semplice e aggravata, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, corruzione e falso ideologico in
atti pubblici, nonché di provvedimenti cautelari reali su decine di imprese. Morabito, avrebbe rapporti di “vicinanza” con i referenti della cosca sulla marina di Gioia Tauro. Per l’esecuzione dei lavori, Morabito, indicato negli atti come procuratore speciale delle ditte romane e siciliane appartenenti al cartello, avrebbe consentito l’assunzione nei cantieri da lui gestiti, alle
dipendenze delle imprese aggiudicatarie, di maestranze segnalate dal referente dei Piromalli,
e avrebbe imposto l’utilizzazione di mezzi meccanici e di un deposito riconducibili ad altri imprenditori vicini ad ambienti criminali mafiosi.

redazione@giornaledicalabria.it

 

 

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