‘Ndrangheta stragista, esaminato un teste dell’accusa

‘Ndrangheta stragista, esaminato un teste dell’accusa

E’ proseguito nell’aula della Corte d’assise d’appello di Reggio Calabria  (presidente Bruno Muscolo, a latere, Giuliana Campagna) l’udienza del processo “‘Ndrangheta stragista” in cui sono imputati il boss del mandamento mafioso di Brancaccio, Giuseppe Graviano, e il capobastone di Melicucco, Rocco Santo Filippone, condannati all’ergastolo in primo grado come mandanti del duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, assassinati nei pressi dello svincolo autostradale di Scilla il 18 gennaio del 1994, episodio inserito nel così detto “periodo delle stragi”, deciso da Cosa nostra e da personaggi legati a massonerie spurie e ai servizi deviati, con la collaborazione di alcune ‘famiglie di ndrangheta’, nel tentativo di destabilizzare l’ordine democratico nel Paese. La discussione di ieri si è snodata con il controesame da parte delle difese del vice-questore Michelangelo Di Stefano, in forza alla Dia di Reggio Calabria, incaricato dalla Procura distrettuale antimafia di eseguire alcuni accertamenti probatori. L’udienza, inoltre, è stata dedicata alla costituzione delle parti civili. Oltre all’Avvocatura dello Stato, la Regione Calabria, e i comuni di Reggo Calabria, Melicucco e Rosarno, hanno presentato istanza i familiari di Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, deceduti, e dei loro colleghi Vincenzo Pasqua e Silvio Riccardo, colpiti il 2 dicembre del 1993 a Reggio Calabria, e di altri due militari, Bartolomeo Musicò e Salvatore Serra, feriti in un agguato il 1 febbraio del 1994, tutti scampati miracolosamente alla morte. Secondo le indagini, le tre azioni terroristico-mafiose contro i carabinieri, parte di un mosaico più vasto della strategia di attacco allo Stato, presentarono caratteristiche comuni: furono eseguiti con la stessa arma, una mitraglietta Beretta M12, e dagli stessi autori materiali, l’ex collaboratore di giustizia Giuseppe Calabrò, nipote di Rocco Santo Filippone, allora appena maggiorenne, e dal collaboratore Consolato Villani, ancora minorenne all’epoca dei gravi fatti di sangue. Il processo riprenderà il prossimo 6 aprile.

 

 

 

 

 

 

 

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