Reggio, duro colpo ai clan Serraino e Libri

Operazione “Pedigree”. La polizia di Stato di Reggio Calabria, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia ha eseguito 12 misure cautelari nei confronti di elementi di vertice, luogotenenti e affiliati alle potenti cosche della ‘ndrangheta Serraino e Libri, ritenuti tutti responsabili di associazione mafiosa e, a vario titolo, di estorsione, intestazione fittizia di beni, danneggiamento, porto e detenzione illegale di armi da fuoco, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, illecita concorrenza con violenza o minaccia, incendio, aggravati dalla circostanza del metodo e dell’agevolazione mafiosa. I poliziotti della Squadra mobile, coadiuvati dagli uomini dei Reparti Prevenzione Crimine della Calabria, hanno eseguito anche numerose perquisizioni e il sequestro di alcuni esercizi commerciali. Impiegati circa 100 agenti. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile, sotto le direttive dei magistrati della Dda di Reggio Calabria hanno portato alla luce le dinamiche
criminali delle predette consorterie della ‘ndrangheta operanti, attraverso le loro articolazioni territoriali, nel quartiere di San Sperato e nella frazione Gallina, nonché nel comune di Cardeto e a Gambarie d’Aspromonte, principalmente nel settore delle estorsioni in danno di imprenditori e
commercianti anche attraverso l’imposizione di beni e servizi, nonché nell’impiego dei proventi delle attività delittuose in esercizi commerciali attivi nel campo della ristorazione, bar, e della vendita di frutta, intestandoli a sodali o a prestanomi allo scopo di eludere il sequestro con l’applicazione delle
disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali.L’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, dunque, fa luce sugli interessi illeciti della cosca Serraino, svelando il sistematico ricorso ad attività estorsive nei confronti di imprenditori e commercianti che operano nei territori in cui essa esercita l’egemonia mafiosa. Vittime di estorsioni imprenditori e commercianti. Dalle indagini è emerso che con l’intimidazione mafiosa, Maurizio Cortese, indicato come vertice del clan, avrebbe costretto un rivenditore ad acquistare pane – che in gran parte sarebbe rimasto invenduto e non reso al fornitore – dall’esercizio abusivo della moglie, Stefania Pitasi, che utilizzava un forno a legna fatto in casa. I proventi estorsivi erano destinati al finanziamento degli affiliati e a supportare economicamente i detenuti e i loro familiari. Su disposizione della Dda di
Reggio Calabria, quindi, i poliziotti della squadra mobile hanno arrestato elementi di vertice delle cosche Serraino e Libri, fra cui Cortese, boss di San Sperato; il suocero Paolo Pitasi, già principale collaboratore di Francesco Serraino, noto come il “boss della montagna”, assassinato durante la seconda guerra di ‘Ndrangheta; Domenico Sconti, genero di Francesco Serraino; Sebastiano Morabito, elemento di vertice della cosca Libri nella frazione Gallina di Reggio. Arrestata anche Stefania Pitasi, moglie di Maurizio Cortese e figlia di Paolo Pitasi. Le indagini sono state condotte con il ricorso alle intercettazioni che hanno permesso di documentare le estorsioni e il graduale rafforzamento della cosca Serraino e in particolare dell’articolazione di San Sperato diretta da Cortese. Determinanti anche le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
“Operazione Pedigree”: i nomi delle dodici persone arrestate
Tutti in carcere ad eccezione di Paolo Pitasi, che per ragioni di salute è stato posto agli arresti domiciliari. Questi i nomi dei 12 soggetti tratti in arresto stamani dalla Polizia di Stato nell’ambito dell’operazione Pedigree: Maurizio Cortese, reggino di 40 anni (già detenuto per altra causa); Domenico Sconti, 63enne reggino residente in Santo Stefano d’Aspromonte (genero di Francesco, detto don Ciccio Serraino, “boss della montagna”); Domenico Morabito, 45enne di Cardeto (RC); Salvatore Paolo De Lorenzo, reggino di 49 anni; Antonino Filocamo, reggino di 32 anni; Antonino Barbaro, reggino di 34 anni; Sebastiano Massara, 34enne nato a Palmi e residente a Reggio Calabria; Stefania Maria Pitasi, reggina di 37 anni (moglie di Cortese Maurizio); Paolo Pitasi, reggino di 68 anni (suocero di Cortese Maurizio e padre di Stefania Maria Pitasi, destinatario della misura della custodia degli arresti domiciliari); Carmelo Leonardo, reggino di 57 anni; Bruno Nucera, reggino di 52 anni; Sebastiano Morabito, 54enne nato a Cardeto (RC) e residente a Reggio Calabria.
Il boss Corte dal carcere dava ordini con il cellulare
Maurizio Cortese, indicato, nell’ambito dell’operazione “Pedigree” come il nuovo capo del clan Serraino di Reggio Calabria, gestiva dal carcere gli affari illeciti della cosca attraverso i colloqui con la moglie Stefania Pitasi e le comunicazioni epistolari con altri affiliati, ma anche attraverso apparecchi telefonici cellulari introdotti abusivamente all’interno della struttura penitenziaria. Pur essendo detenuto, sostengono gli inquirenti, Cortese ha continuato a svolgere le sue funzioni di capo cosca, impartendo direttive dal carcere per eseguire estorsioni, per ordinare danneggiamenti di esercizi commerciali, per imporre la fornitura di beni e per pianificare intestazioni fittizie di attività commerciali. Dall’indagine sono emersi diversi elementi che dimostrerebbero come il capo cosca avesse a disposizione in carcere un telefono cellulare, rinvenuto il 9 aprile 2019 dalla Polizia Penitenziaria, con il quale riusciva a comunicare riservatamente con l’esterno e a impartire disposizioni alla moglie la quale si prestava a fare da postina e ad altri sodali.
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