Sale a 83,6 anni l’aspettativa di vita degli italiani

Il confronto internazionale documenta uno stato di salute della popolazione italiana buono, e una aspettativa di vita tra le più elevate. Dai 79,9 anni del 2000 l’aspettativa è salita agli 83,6 del 2019 più alta di Germania, Francia, Regno Unito, Svezia e seconda in Europa solo alla Spagna con 83,9 anni. Anche la mortalità neonatale è scesa da 3,5 per mille del 2000 a 1,9 del 2019, tra le più basse in Europa”. A partire dal 2010 il personale sanitario ha subito un calo del 5,6%, ovvero mancano all’appello 5mila medici, quasi 11mila infermieri e più di 23mila altri operatori sanitari, per un totale di 40mila unità. Una riduzione che ha condotto alla situazione di debolezza evidenziata dalla pandemia di Covid-19. Nel corso dell’emergenza sono però stati reclutati precari che ora, grazie alla legge sulle stabilizzazioni, possono essere assunti. “Già 10 regioni su 20 – spiega il presidente di Fiaso, Giovanni Migliore – hanno stipulato accordi per procedere con i contratti a tempo indeterminato”. I dati sono stati illustrati ieri al convegno “Da 30 anni al servizio dei cittadini: il direttore generale nelle aziende sanitarie pubbliche”, organizzato al Ministero della Salute dalla Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere. Si tratta di una conseguenza dei provvedimenti previsti dalla legge di bilancio 2010, che ha introdotto un tetto alla spesa per il personale pubblico ed è andato di pari passo al blocco del turn over e ai Piani di rientro in molte regioni del Centro-Sud Italia. “Da dieci anni – continua Migliore – a fronte di nuovi bisogni sanitari e con l’invecchiamento della popolazione, non è cresciuto l’investimento per il personale: mancano 40mila professionisti”. Secondo il presidente Fiaso, inoltre, “per colmare il divario decennale, occorre abbandonare la logica dei tetti di spesa e incrementare il finanziamento destinato alle assunzioni di nuovi professionisti”. Insieme, conclude, “abbiamo superato due anni violenti, siamo stati esposti a stravolgimenti. Ora abbiamo bisogno che la straordinarietà diventi ordinarietà”.