La vertenza dei circa 4.700 precari, ex Lsu/Lpu, da oltre un ventennio al lavoro nei diversi comuni calabresi ed in alcuni altri enti pubblici, “deve chiudersi entro questo anno con il passaggio a tempo indeterminato e in ruolo sovrannumerario negli enti di tutta questa importante e qualificata forza lavoro, che ormai è nei gangli vitali di comuni ed enti da circa 23 anni e senza la quale, soprattutto i Comuni, dovrebbero consegnare le chiavi ai signori prefetti poiché non sarebbero più in grado di assicurare i servizi essenziali ai cittadini”. Ad affermare ciò è il sindacato Confial nazionale, regionale e provinciale che ha riunito gli “stati generali” del precariato calabrese alla presenza dei segretari nazionali Benedetto Di Iacovo e Pino Toretti, i quali avevano già rappresentato nell’ultimo incontro tenutosi presso la Regione Calabria con tutte le sigle sindacali, autonome e confederali, al presidente della giunta regionale e all’assessore regionale al lavoro le sue proposte e le perplessità rispetto al definitivo processo di stabilizzazione “che ancora non vede un percorso lineare e veloce”. La Confial, spiega una nota, “ha preso atto della disponibilità della regione Calabria che ha riconfermato e storicizzato le risorse economiche pari a 38 milioni di euro per la sua parte di competenza ed anche della parziale ma non bastevole parte di risorse messe a disposizione del Governo centrale, pari a solo 29 milioni, rispetto ai precedenti 50 milioni, messi a disposizione dal 2015 al 2018 per ben quattro annualità”. La Confial, che si definisce “ organizzazione maggiormente rappresentativa nel mondo del precariato e non solo”, fa appello a tutte le forze politiche e alla deputazione calabrese perché si adoperino per sostenere quando richiesto dalla Regione Calabria a seguito dell’incontro con i sindacati e precisamente: la storicizzazione dei 50 milioni da parte del Governo nazionale e dei 38 da parte della regione; la deroga ai vincoli assunzionali in generale e del ripristino del turn-over; la deroga e superamento della percentuale massima oggi consentita, pari al 25% del rapporto tra lavoratori part-time e full-time; riconoscimento del ruolo sovrannumerario nelle dotazioni organiche del Comune con assunzione a tempo indeterminato. In tutto questo si richiede un ruolo attivo dell’ANCI Calabria e nazionale”. “Il Movimento, da me rappresentato in città, intende avviare da subito un percorso di coinvolgimento e partecipazione di tutti i cittadini e della società civile, sia nella fase di stesura del programma elettorale che di predisposizione della lista 5stelle”. Lo afferma il deputato del M5s Giuseppe d’Ippolito che terrà alle ore 10,30, nel suo ufficio territoriale di Lamezia Terme, al numero 19 di corso Nicotera, una conferenza stampa per illustrare la linea politica del Movimento rispetto alle prossime elezioni comunali lametine. “Personalmente – sottolinea il deputato – ho da tempo aperto un’interlocuzione con il Ministero dell’Interno, perché il commissariamento cessi allo scadere dei 18 mesi e Lamezia Terme torni ad avere un’amministrazione democraticamente eletta entro il primo semestre del 2019. Lo sciagurato commissariamento per infiltrazioni mafiose – rimarca il parlamentare – ha provocato e sta provocando danni ingenti al tessuto sociale, politico, economico e culturale della città. È palese l’incapacità gestionale della terna commissariale indicata dall’allora ministro del Pd Marco Minniti, che non ha saputo imprimere all’amministrazione di palazzo Maddame sollecitazioni in discontinuità con la precedente disciolta. L’amministrazione corrente, scelta da Minniti, non ha dimostrato di possedere capacità di organizzazione, controllo e direzione sull’apparato burocratico del municipio, non riuscendo a impedire i numerosi abusi che si sono consumati e si stanno consumando in danno dei singoli cittadini e delle strutture associative nelle quali essi si riconoscono. Va comunque ricordato – conclude D’Ippolito – che le responsabilità del disastro assoluto che subisce Lamezia Terme sono da attribuirsi agli amministratori del passato, almeno degli ultimi due consessi, che hanno sempre proceduto ignorando leggi e regolamenti e, da ultimo, anche col sospetto, ancora sub iudice, di aver favorito pesanti infiltrazioni di organizzazioni criminali nella gestione della cosa pubblica”.