Ci sono elementi di vertice e luogotenenti della cosca Labate di Reggio Calabria fra le 14 persone arrestate ieri mattina, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia della città dello Stretto, dai poliziotti della Squadra Mobile. Fra essi figurano il boss Pietro Labate, al quale il provvedimento restrittivo è stato notificato in carcere essendo già detenuto per altra causa; il fratello Antonino, reggente della cosca durante il periodo di latitanza di Pietro Labate, il cognato Rocco Cassone, nonché luogotenenti e nuove leve della consorteria. Le indagini sono state condotte con il ricorso alle intercettazioni e alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, grazie alle quali è stato possibile ricostruire le vicende criminali che hanno determinato la graduale ascesa della cosca. Oggi il clan Labate – spiegano gli inquirenti – è una potente articolazione della ‘ndrangheta unitaria e trova la sua forza nei legami di sangue che uniscono i componenti di vertice ad altre potenti cosche e nei solidi rapporti di alleanza con famiglie ‘ndranghetistiche dei tre mandamenti.
Alcuni affermati imprenditori locali del settore edile ed immobiliare, sentiti dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, dopo un’iniziale ritrosia dovuta a timore di subire dure rappresaglie, hanno collaborato alle indagini che hanno portato stamane all’esecuzione di 14 arresti, fra cui capi e subordinati della cosca dei Labate. Pur di liberarsi dall’opprimente giogo estorsivo, hanno denunciato di essere vittime di ripetute estorsioni, consistenti nel pagamento di ingenti somme di denaro, anche nell’ordine di 200.000 euro, ad esponenti di rilievo e luogotenenti del clan o nell’imposizione dell’acquisto di prodotti dell’edilizia da attività commerciali nella disponibilità della cosca.
Tra gli imprenditori vittime delle estorsioni della cosca Labate ci sono i fratelli Berna, ovvero l’ex presidente dell’Ance Calabria (associazione nazionale costruttori edili) Francesco Berna, e suo fratello Demetrio, già consigliere al Comune di Reggio Calabria nel 2002 e 2007, oltre che assessore al Bilancio tra il 2011 ed il 2012. Entrambi sono stati coinvolti nell’operazione Libro Nero, condotta nel luglio scorso dalla Polizia, con l’accusa di associazione mafiosa. Nell’ambito dell’odierna operazione “Helianthus”, invece, gli inquirenti hanno raccolto anche le dichiarazioni dei due imprenditori, come rivelato dal procuratore Giovanni Bombardieri nel corso della conferenza stampa tenuta in Questura: “Hanno fatto riferimento a una serie di episodi estorsivi ai quali erano stati sottoposti e che hanno trovato riscontro nelle dichiarazioni di altri imprenditori, vittime di altre estorsioni, e nelle attività di riscontro che la squadra mobile ha svolto puntualmente. Sono indagati in un procedimento connesso – ha chiarito Bombardieri – ma in questa indagine i Berna sono parte offesa, vittime di estorsione da parte dei Labate”.
Sono 14 in tutto gli indagati raggiunti da provvedimento di misura cautelare nell’ambito dell’operazione “Helianthus”, condotta stamani dalla polizia di Reggio Calabria contro la cosca Labate. Si tratta di 12 misure di custodia cautelare in carcere e 2 agli arresti domiciliari. La custodia in carcere è stata emessa per: Pietro Labate di 69 anni, Rocco Cassone di 63 anni, Santo Gambello di 45 anni, Paolo Labate di 38 anni, Paolo Labate di 36 anni, Antonio Galante di 54 anni, Caterina Cinzia Candido di 55 anni, Francesco Marcellino di 70 anni, Fabio Morabito di 49 anni, Orazio Assumma di 61 anni, Domenico Foti di 59 anni, Domenico Pratesi di 50 anni. Gli arresti domiciliari sono stati disposti per Antonino Labate di 70 anni e Santo Antonio Minuto di 65 anni. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa e diverse estorsioni aggravate dal ricorso al metodo mafioso e dalla finalità di avere agevolato la ‘ndrangheta, e in particolare la cosca Labate intesa “Ti Mangiu”.
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