Una somma di 61.500 euro è stata sequestrata dai militari del Nucleo di polizia economicofinanziaria
della Guardia di Finanza di Crotone e dello Scico delle Fiamme Gialle all’ex presidente della Corte d’appello di Catanzaro Marco Petrini e ad altre quattro persone coinvolte nell’inchiesta “Genesi” che lo scorso 15 gennaio ha fatto luce su diversi episodi di corruzione in atti giudiziari nei quali risultano
coinvolti il magistrato ma anche avvocati, imprenditori e professionisti. Secondo le risultanze
investigative l’ormai ex presidente della Corte d’appello di Catanzaro, nonché presidente della commissione tributaria del capoluogo calabrese, avrebbe intascato denaro ma anche gioielli, orologi e altre regalie per aggiustare sentenze a contenziosi tributari. A conclusione dell’inchiesta, diretta dalla Procura distrettuale di Salerno, competente per i reati commessi da magistrati in servizio in
Calabria, la Guardia di finanza di Crotone e lo Scico hanno eseguito 13 ordinanze di custodia
cautelare a carico di altrettante persone: oltre al giudice Petrini anche l’ex consigliere
regionale Giuseppe Tursi Prato, l’avvocato Francesco Saraco, il medico in pensione Emilio
Santoro e vari faccendieri. Le ulteriori indagini svolte dai finanzieri di Crotone per
quantificare le somme di denaro corrisposte a titolo di corruzione al giudice Petrini hanno
portato oggi al sequestro per equivalente finalizzato alla confisca di 61.500 euro, disposto
dal gip del Tribunale di Salerno su richiesta della locale Dda. In particolare sono stati posti in sequestro 10.988 euro a Marco Petrini; 39.011 euro a Emilio Santoro; 10.000 euro a Francesco Saraco e 1.500 euro a Vincenzo Arcuri. Per queste vicende è stato chiesto dal pubblico ministero, ed emesso dal gip di Salerno, il decreto che dispone il giudizio immediato per l’udienza del 9 giugno prossimo
nei confronti di Petrini ed altre cinque persone. Nel frattempo lo scorso 29 aprile il giudice Petrini, al quale erano stati concessi gli arresti domiciliari in virtù della sua collaborazione con gli inquirenti, è finito di nuovo dietro le sbarre con l’accusa di inquinamento probatorio.
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