“Sono passati 65 anni, spesi 960 milioni di euro, coinvolti circa 300 progettisti, 100 tra società, enti, atenei. Ma ancora da Messina a Villa San Giovanni ci vuole il traghetto. Per 3,3 km un’ora, se va bene”. Comincia così un dossier di Unindustria Calabria, Sicindustria, Confindustria Catania e Confindustria Siracusa, in cui si ribadisce che “non si può parlare di futuro e non si può parlare di Italia senza ponte”.
Siamo nel 2020, usciamo da una pandemia: non c’è spazio e non c’è tempo per battaglie ideologiche. Sicilia e Calabria sono distanti 3 miglia. Un trasportatore può impiegare (dipende dal traffico) fino a 3 ore per varcare lo Stretto – rilevano il vicepresidente di Confindustria Natale Mazzuca, il vicepresidente vicario di Sicindustria Alessandro Albanese, il presidente di Confindustria Catania Antonello Biriaco, il presidente di Confindustria Siracusa Diego Bivona – e questo è inaccettabile, in un’epoca in cui il mondo viaggia con l’alta velocità. E’ scandaloso in un Paese in cui un progetto di rilancio e unità del Paese diventa terreno di scontri politici e merce di scambio nella becera partita delle logiche spartitorie. Occorre programmare la ripresa dell’Italia e questa passa dall’alta velocità, Calabria e Sicilia comprese”.
Il dossier prende in esame numerosi aspetti collegati all’opera infrastrutturale, individuando nel rapporto costi-benefici un vantaggio per questi ultimi. “In Sicilia – sottolineano – ci sono quasi 470 mila imprese, per un totale di ricavi che sfiora i 40 miliardi e circa 500.000 lavoratori occupati. In Calabria sono poco più di 187 mila imprese per un totale di 400 mila addetti circa e ricavi per oltre 20 miliardi di euro. Insieme si tratta di una robusta falange di oltre 650 mila imprese che, unite, sostengono l’improrogabilità del ponte. Per realizzarlo è necessaria una gestione commissariale, con tempi e costi certi. Per far sì che non ci sia più un Paese diviso a metà”.
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