Una delegazione delle associazioni Favo, Acmo, Calma e Ave-Ama, che operano in campo sanitario, accompagnata dal Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro, ha incontrato il commissario ad acta della sanità regionale, Saverio Cotticelli. L’incontro, spiega un documento delle associazioni, “è stata l’occasione per esporre alcune delle tante necessità degli ammalati che le hanno portate più volte sulla stampa a denunciare le carenze delle strutture sanitarie”.
Le associazioni hanno rappresentato “la situazione esistente e le loro proposte, a partire dal riconoscimento del diritto dei cittadini, e più che mai degli ammalati cronici come gli ammalati di tumore o di una malattia autoimmune, ad ottenere una visita di controllo in tempi brevi, pure nel periodo estivo. Pertanto, l’unica soluzione possibile che possa riuscire a garantire il servizio – scrivono – è provvedere all’assunzione, anche a tempo determinato, di nuovi medici e di personale che possano sostituire chi va in ferie.C’è poi la necessità – è stato detto – di uniformare la Calabria agli standard nazionali che prevedono l’informatizzazione di tutti i servizi, con particolare riferimento alle prenotazioni delle visite di controllo che includano anche l’orario, essendo inaccettabile e disumano continuare a permettere che pazienti già debilitati dalla malattia vengano convocati alla stessa ora (otto del mattino) e sottoposti a notevoli sofferenze in conseguenza delle lunghe ore di attesa in ambienti poco accoglienti se non del tutto assenti”.
Si è discusso, ancora, delle visite “intramoenia”, “che dovrebbero essere contenute nella soglia del 30%, ma che in realtà risultano essere le più “gettonate” – solo per chi può permetterselo – per ottenere una visita in tempi ristretti. Quanto richiesto dalle associazioni e dal CSV, in buona sostanza – è ancora scritto – va nella direzione di un profondo cambiamento del sistema sanitario regionale, che si dimostra del tutto inadeguato rispetto ai bisogni della gente, oltre che sempre più esoso nella contribuzione richiesta, al punto da costringere molti ammalati a rinunciare a curarsi. Un cambiamento, dunque, che investa la medicina del territorio e avvii finalmente un sistema di integrazione socio-sanitaria, portando a compimento l’integrazione tra l’azienda ospedaliera e quella universitaria per una maggiore efficienza dei servizi ospedalieri in favore dell’intero territorio regionale. Si tratta di una vera “sfida” – scrivono le associazioni – a cui tendere per avviare il cambiamento culturale necessario per cominciare a ragionare in termini di “sistema”, anziché di produttività aziendale. Rifuggire dalla consueta pratica dell’istituzionalizzazione, e da ogni tipo di “visione” ospedalocentrica, è l’unica strada percorribile per far sì che la sanità calabrese si avvicini al resto del Paese: anche il Commissario, del resto, se ne è detto convinto, ed ha ammesso di continuare a lavorare affinché il processo di integrazione, almeno tra le strutture, possa trovare attuazione, nonostante la recente bocciatura dell’integrazione tra l’Azienda ospedaliera “Pugliese- Ciaccio” e la Mater Domini ad opera del Consiglio dei Ministri in quanto lesiva del principio di autonomia universitaria”.
E pur comunicando di aver autorizzato nei mesi scorsi il piano di fabbisogno per le assunzioni di nuovo personale, “che a quanto pare – si legge – non ha avuto seguito, almeno al Pugliese – Ciaccio, all’interno del quale, invece, si è provveduto a chiudere addirittura alcuni reparti, il Commissario ha comunque dato rassicurazioni in merito ad una riorganizzazione ospedaliera, frutto di una revisione del piano territoriale che prevede la continuità assistenziale sul territorio. Dall’emergenza Covid, infatti, con l’auspicio che non si assista ad un ritorno dell’epidemia, potrebbe derivare – scrivono le associazioni – un’importante opportunità, sia in termini di concentrazione di prestazioni in poche strutture ospedaliere che sarebbero così potenziate (con la contestuale costituzione di tre importanti centri nella Sibaritide, a Vibo Valentia e a Gioia Tauro), sia con l’affidamento di tutti gli altri servizi agli ambulatori territoriali ed all’assistenza domiciliare. E con il notevole risparmio che ne deriva, si riuscirebbe così a fare prevenzione ed a scongiurare l’emigrazione sanitaria che ha numeri sempre elevati”.
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