Nove persone accusate a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio, con l’aggravante di aver agevolato l’associazione mafiosa, e sequestro di beni per un valore superiore a 2 milioni di euro. Sono i numeri dell’operazione Eyphemos II, condotta ieri dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e coordinata dalla Dda diretta da Giovanni Bombardieri, con l’aggiunto Gaetano Paci e il sostituto procuratore Giulia Pantano. I destinatari dell’ordinanza del gip di applicazione di misure cautelari sono quasi tutti di Sant’Eufemia d’Aspromonte: Domenico Laurendi Domenico alias “Rocchellina”, 51enne; Natale Lupoi, di 45 anni; Antonino Gagliostro, di 47 anni; Rocco Laurendi, di 24 anni (i primi 4 tutti già detenuti per altro motivo e destinatari di custodia cautelare in carcere); Saverio Salerno di 61 anni; Rosa Alvaro di 37 anni; Gregorio Cuppari, commercialista di 52 anni; Rosario Bonfiglio, di 46 anni; Diego Laurendi di 20 anni (tutti gli altri destinatari degli arresti domiciliari). Tra i beni sottoposti a sequestro figurano attività di bar e ristorazione a Milano e Bagnara Calabra e aziende operanti nel settore delle costruzioni oltre a imprese, società, e beni immobili in provincia di Reggio Calabria, Ancora, Pesaro Urbino e nella città di Milano. I beni farebbero capo a boss e gregari dell’articolazione della ‘ndrangheta operante a Sant’Eufemia d’Aspromonte. L’indagine è il seguito dell’operazione Eyphemos, eseguita nel febbraio scorso, con l’arresto di 65 indagati, che aveva svelato l’esistenza e l’operatività di una locale di ‘ndrangheta a Sant’Eufemia d’Aspromonte, facente capo alla cosca “Alvaro” operante a Sinopoli, San Procopio, Cosoleto, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Delianuova e in zone limitrofe. La figura di Domenico Laurendi è centrale in questa nuova tranche dell’inchiesta che si occupa in particolare di colpire i patrimoni di alcuni indagati e le condotte illecite poste in essere al fine di celare i beni provento delle attività delittuose. Secondo l’accusa il commercialista arrestato avrebbe svolto un ruolo da “consigliori” della cosca, fino ad accompagnare materialmente dal notaio gli intestatari fittizi.
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