CROTONE/ L’unico cinema della città di Crotone che conta oltre sessanta mila abitanti, ma sulla quale gravitano gran parte degli altri 26 comuni della provincia, ha chiuso i battenti all’inizio dello scorso anno, quando era appena scoppiata la pandemia. Ma ora che i locali pubblici hanno avuto il via libera alla ripresa seppure con restrizioni, la sala del cinema Apollo continua a restare chiusa. “Non ci sono le condizioni per riaprire, il pubblico non viene” dice sconsolato il proprietario. Di teatri neanche a parlarne. Ce n’è uno in costruzione da dieci anni e i cittadini ormai non ci credono più. La biblioteca comunale è stata chiusa al pubblico perché ubicata all’interno del castello aragonese nel quale sono state trovate scorie radioattive e attende da un paio d’anni di essere bonificato. In estate i turisti che fiduciosi si arrampicano per gli stretti vicoli del centro storico per visitare l’imponente maniero trovano il portone sbarrato e tornano indietro delusi. L’area archeologica di Capo Colonna, una delle più vaste e importanti della Magna Graecia, versa in condizioni di abbandono: erba alta, sporcizia, nessun cartello esplicativo, tantomeno visite guidate. Gli amanti di storia antica fanno da sé.
Non è la radiografia di una città del medio oriente devastata dai conflitti né dell’Africa piagata da miseria e fame. E’ la condizione in cui versa Crotone, estremo meridione di una nazione che pure siede tra le principali potenze industriali d’Europa.
Non a caso risultata fanalino di coda per qualità della vita nella classifica stilata da Italia Oggi e Università la Sapienza di Roma. Ultima tra le 107 province nelle quali sono stati presi in esame diversi indicatori come appunto il tempo libero, ma anche istruzione e formazione, affari e lavoro, ambiente, reddito e ricchezza. Tutti settori nei quali la provincia di Crotone risulta in fondo alla classifica.
Stride, per quanto riguarda l’indicatore ambiente, la bellezza di una ridente città come Crotone e altri centri della provincia che vanno da Cirò Marina a Le Castella adagiati sullo Ionio, lungo chilometri di coste in molti tratti incontaminate e bagnate da un mare cristallino, con la proliferazione di discariche che in alcuni casi accolgono anche i rifiuti di altre regioni, con la presenza diffusa nei terreni di scorie tossiche eredità di un passato industriale che allora ha portato ricchezza e oggi malattie. Le ‘vecchie fabbriche’, come le chiamano oggi i crotonesi, davano lavoro a diverse migliaia di persone e la ricchezza prodotta faceva da traino ad altri settori economici, a cominciare dal commercio. E al servizio delle industrie c’era un porto che accoglieva e spediva merci e altrettanto avveniva con la ferrovia mentre a pieno regime viaggiava anche il vicinissimo aeroporto. Infrastrutture che oggi registrano volumi di traffico da cifre decimali. Con la chiusura delle industrie la città, e con essa gran parte della provincia, non è riuscita a reinventarsi, né riprendendo e sviluppando quella tradizione agricola che pure caratterizza molti paesi dell’entroterra crotonese, come dimostrano i vigneti del cirotano o i finocchi della zona di Isola Capo Rizzuto, né puntando sul terziario.
La nascita della Provincia di Crotone negli anni Novanta, la quinta della Calabria insieme a Vibo Valentia, è stata una parentesi che si è chiusa un decennio dopo a causa della riforma Delrio.
Se queste sono le motivazioni che hanno fatto precipitare Crotone all’ultimo posto della classifica quanto a reddito e ricchezza, affari e lavoro, inevitabile lo stesso destino anche per l’indicatore formazione e istruzione. Basti dire che numerosi sono gli istituti scolastici che sono ancora oggi ospitati in edifici di civile abitazione per mancanza di strutture. Ma anche che l’emigrazione di interi nuclei familiari verso il nord dell’Italia e dell’Europa in cerca di lavoro e di un futuro migliore, ha portato ad un pauroso spopolamento dei piccoli centri del crotonese e, di conseguenza, alla chiusura delle scuole per mancanza di alunni. I giovani, quando non emigrano con i genitori, vanno a studiare nelle città del centronord, se non all’estero, e vi rimangono anche dopo la laurea. Tornano solo ad agosto, per andare al mare. ‘Qui non cambia mai niente’ è il ritornello che gli senti ripetere. Una fiammella di speranza che qualcosa potesse cambiare l’aveva accesa la nuova amministrazione comunale il cui sindaco Vincenzo Voce è stato eletto un anno fa a furor di popolo, quasi un plebiscito con circa il settanta per cento dei consensi. Una aggregazione civica che prometteva di tenere lontani per sempre dalla cosa pubblica vecchia politica e maneggioni. Appena un anno dopo la delusione tra i crotonesi è palpabile: una città sporca e degradata, alle prese con il problema dei rifiuti urbani e della mancanza d’acqua, niente asili nido né mense scolastiche, trasporto pubblico ridotto ai minimi termini.
Unica consolazione il numero relativamente basso di reati che si registrano nel territorio, nonostante la presenza diffusa della criminalità organizzata, che pone il crotonese in una posizione intermedia della classifica. Irrilevante o pressoché inesistente il numero di scippi e rapine, fisiologico quello dei furti come dei reati contro la persona.