Quattro volte i voti raccolti nel 2018: da 1.429.550 preferenze a 7.300.628: in termini assoluti, l’exploit di Fratelli d’Italia vale – in base ai numeri del Viminale che non tengono conto dei dati relativi a Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige – quasi 5 milioni e 900mila voti in più rispetto alle elezioni di quattro anni fa. Una crescita che si sovrappone al calo degli altri due partiti della coalizione, Lega e Forza Italia, che vedono sparire complessivamente 5 milioni e mezzo di consensi. All’opposizione, il calo per il Pd è di circa 800mila voti mentre i Cinquestelle ne perdono oltre 6 milioni. “Meloni? La sento cento volte al giorno. Non c’è niente da dire, lavoriamo per l’Italia”. Risponde così il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani lasciando la sede di Fdi dopo aver incontrato Giorgia Meloni. “La Lega sarà parte fondamentale del governo di centrodestra”. E’ quanto sottolinea in una nota il Consiglio federale del partito. Intanto, mentre Giorgia Meloni da via della Scrofa tesse la tela del suo governo, da Palazzo Chigi Mario Draghi annuncia che sta lavorando sulla anticipazione della terza tranche del Pnrr, tema di cui certo il premier uscente e quello entrante parleranno insieme. Di certo il grande exploit di Fratelli d’Italia -passata nell’arco di una legislatura dal 4% al 26 % conquistando il Nord (Lombardia, Veneto, Friuli) a danno della Lega- peserà sugli equilibri del nuovo esecutivo, dopo che Il Capo dello Stato Sergio Mattarella avvierà le consultazioni circa una settimana dopo il 13 ottobre, giorno segnato in rosso sul calendario per la prima convocazione delle Camera della diciannovesima legislatura. I rapporti di forza nel centrodestra influiranno fin da subito, prima ancora che per la formazione della squadra di governo, nella scelta dei Presidenti di Senato e Camera. A Palazzo Madama (dove è ormai escluso che possa andare il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi), se Fdi cederà il passo agli alleati invece di Ignazio La Russa, di cui pure si è fatto il nome, potrebbe arrivare il leghista Roberto Calderoli o l’azzurro Maurizio Gasparri. Per Montecitorio invece si sono fatti i nomi del leghista Riccardo Molinari, il centrista Maurizio Lupi o di Antonio Tajani, in lizza anche per la Farnesina. Nel Pd intanto si elabora la sconfitta e si avvia la macchina congressuale, in attesa della convocazione della direzione che dovrà approvare il regolamento delle assise.